GIOVANNI CORSOLINI

(detto "Gianni")

 

nato a: Bologna

il: 05/10/1933 - 18/02/2021

Stagioni alla Virtus: nel settore giovanile della Virtus dalla fine del 1954 al giugno 1958. Vice allenatore nel 1957/58.

GIANNI CORSOLINI: DAGLI ORATORI ALLA BASKET HALL OF FAME

di Ezio Liporesi per Virtuspedia

 

Si può essere nella vita dirigenti industriali di successo, allenatori di pallacanestro, giornalisti, presidenti di lega e membri della Basket Hall of Fame? Giovanni Corsolini, classe 1933, per tutti Gianni, bolognese a tutti gli effetti, ma che da tantissimi anni vive in quella Lombardia, che lo ha adottato prima dal punto di vista sportivo e poi professionale. "La ricetta è semplice, lavoro e passione". Ha fatto tantissimo per la pallacanestro italiana, ma si sente soprattutto un divulgatore, sebbene abbia allenato e fatto il dirigente in serie A e sia stato anche presidente di lega alla fine degli anni '70.

Si farebbe un torto alla sua fantasia e alla sua vivacità mentale facendo un resoconto cronologico della sua vita. La pallacanestro l'ha vissuta innanzitutto come un amore, "quando a Cantù mi hanno detto andiamo dal notaio a fare un contratto pluriennale chiesi sorpreso in quale veste e quando seppi che mi volevano come allenatore, specificai che il mio obiettivo era lavorare e che la pallacanestro doveva rimanere una splendida passione", passione che l'ha portato anche ad allenare gratuitamente a Como in serie C. La sua vita cestistica è nata però sotto le due torri, nella città natale, quando a vent'anni per mantenersi agli studi allenava una miriade di squadre, andando a cercare i giocatori negli oratori, "gli oratori che oggi non svolgono più la loro funzione sociale, un tempo erano aperti, si giocava alla luce del sole, ora se un ragazzo va deve chiedere la chiave, ci sono problemi logistici e così diventa più difficile avviarsi allo sport"; è proprio in quei campetti che Corsolini, che lavorava per più società, allenando Acli Labor maschile e femminile, Motomorini, Libertas femminile, scovò un giovanissimo Lucio Dalla, i fratelli Bonaga, Paolo Conti, poi divenuti personaggi importanti della pallacanestro e non solo.

Le sue capacità non dovevano essere trascurabili se ad accorgersi di lui fu l'allenatore della Virtus, Vittorio Tracuzzi, che lo volle come suo assistente e gli affidò le cure della squadra juniores, che annoverava nelle sue file Beppe Nannucci, divenuto poi un punto di riferimento nel commercio di dischi, Fiero Gandolfi, che come giocatore si ricorda soprattutto per i 52 punti segnati in una gara giovanile, ma che fu poi anche presidente delle Vu nere ai tempi dello scudetto del 1976, poi ancora Nannetti, i fratelli Paulin, Mandelli. La sua avventura in Virtus, sotto la presidenza di Mezzetti prima e di Zambonelli poi, con Foschi dirigente delle giovanili, terminò nel 1958, dopo aver vissuto i due scudetti del 1955 e 1956 e il passaggio dalla mitica Sala Borsa al nuovo Palazzo dello Sport; Cantù aveva bisogno di un allenatore e fu Tracuzzi a consigliare il giovane Gianni, che comincerà in Lombardia una nuova avventura, che lo ha visto ricoprire nella pallacanestro molteplici ruoli; attività che gli ha valso il meritato riconoscimento di essere ammesso nella Basket Hall of Fame nel 2009, un riconoscimento particolarmente gradito, non per orgoglio personale, ma per il suo amore per la cultura americana di cui era permeata Bologna nel secondo dopoguerra, non solo il basket, ma anche il baseball, il jazz, rimasti poi punti fermi del tessuto della città. Questa sua dedizione allo sport non ha impedito a Corsolini di arrivare anche a ricoprire ruoli dirigenziali nell'ambito della sua carriera professionale.

Fu proprio il desiderio di inseguire una realizzazione nel lavoro che gli fece rifiutare la proposta, fattagli da Giorgio Neri alla vigilia della stagione 1960/61, di ritornare alla Virtus per allenare in Serie A. Nella sua Bologna, di cui ama l'aspetto più goliardico e meno serioso, nella quale aveva insegnato a giocare e a vivere a personaggi che hanno fatto la storia della città e dove ancora ha mantenuto casa, ma dove non è mai stato apprezzato sufficientemente il suo spessore, è tornato per il settimo raduno dei maturi baskettari, "il più riuscito" lo definisce; quel giorno ha rivisto transitare tanti suoi ex giocatori e quel mondo della pallacanestro che ha costituito una parte importante della sua vita. Se oggi chi dirige le alte sfere del basket avesse la pazienza di leggere i suoi libri o di ascoltare le sue idee o di mettere in pratica alcune delle sue ricette per rilanciare la pallacanestro, sicuramente questo sport avrebbe un futuro più roseo.

 

DIBATTITO CON GIANNI CORSOLINI

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino - 25/09/2002

 

La palestra di San Niccolò, la chiesa all'incrocio tra le vie San Felice e Abbadia, la Sala Borsa e il primo torneo internazionale di basket ospitato dal palasport di piazza Azzarita (non ancora PalaDozza) con i biglietti venduti in via Barberia, dove c'era la sede del Pci.

Tagliandi venduti là perché, tra le nazionali presenti, c'erano diverse squadre d'oltrecortina. Ma anche le elezioni del '48, don Dossetti e una Bologna e una pallacanestro che non ci sono più.

Il Rotary Bologna Ovest, per la prima uscita ufficiale del presidente Guido Geminiani - ex giocatore di serie A nelle fila di Moto Morini (con un high score di 27), Gira Lovari e Pesaro - ha chiamato un bolognese doc, come lui ama definirsi. Un petroniano in esilio perché Gianni Corsolini - "vivo all'estero, in Lombardia" - chiede ai suoi interlocutori se siano o meno, bolognesi doc. Non per questioni di razza, certamente, ma per affinità di origini, abitudini, sapori e odori.

Così, da Nonno Rossi, al cospetto di un presidente che ama il basket - "abbiamo il ct della nazionale, mi sarebbe piaciuto essere chiamato almeno una volta in azzurro", racconta sorridendo Geminiani - Corsolini ha fatto il punto della situazione. In modo personalissimo, l'attuale presidente dell'associazione allenatori, ha messo a nudo i difetti di un mondo che lui, con il suo entusiasmo, ha contribuito a creare. Ma che ora rischia l'estinzione, perché... "Perché le società non prestano attenzione ai bilanci. E pensano che pa partita doppia sia una gara che dura più del solito. Il basket era un punto di riferimento per il volley, ora, purtroppo, ci hanno superato. Ma non possiamo piangerci addosso, ma dobbiamo reagire. E per farlo non possiamo che ripartire da un'identità comune. Dai nostri ragazzi, dalla nazionale, che è l'unico club che mette tutti d'accordo".

...

 

BOLOGNA E IL BASKET: STORIA E DECLINO, SPERANZE E MALINCONIA

Una passeggiata virtuale con Gianni Corsolini nella storia di una città grande rivale di Varese sul parquet, tra tanti sentimenti contrastanti. C’era una volta una città, Bologna, votata al basket come poche altre. Oggi il panorama è radicalmente cambiato: la Virtus è retrocessa in A2 dopo alcune stagioni difficili, la Fortitudo cerca la risalita nella massima serie, portando al palazzetto migliaia di tifosi, ma manca dalla A1 dal 2009. Ma come si è sviluppato il movimento cestistico in una della piazze che è stata una grande rivale della Pallacanestro Varese con le sue squadre? Ce lo racconta Gianni Corsolini, bolognese d’origine con lunga militanza nel mondo dei canestri, da tanti anni trasferitosi in Lombardia.

Di Gianni Corsolini - VN Sport - 23/06/2016

 

Il Paladozza è il palazzo dello sport più moderno come struttura in senso ovale; al Paladozza quelli dell’ultimo gradino in alto vedono la partita come e forse meglio di quelli che stanno di sotto ed è stato inaugurato con il trofeo Mairano, che prevedeva la presenza di sei nazionali compresa la nostra.

Ho finito il liceo nel ’50, mi sono iscritto all’Università e con gli amici che condividevano la mia passione ci divertivamo ad andare a controllare i lavori di costruzione del palazzo dello sport. Prima, la demolizione dell’ospedale Maggiore in centro, distante un quarto d’ora a piedi da Piazza Maggiore, e poi finalmente l’edificazione dell’impianto sportivo che per noi era un sogno.

La mia città, considerata “la rossa”, stranamente ha sempre amato la cultura americana in tutte le espressioni, letteratura, musica, sport. Il palasport è stato intitolato a Giuseppe Dozza, il sindaco della Resistenza ed allora, nonostante la simpatia verso la cultura americana, c’era ancora una militanza comunista tradizionale. Tanto è vero che una succursale della biglietteria è stata organizzata in via Barberia, nella sede del Partito Comunista.

Ricordare questi particolari mette un po’ di malinconia perché Bologna è diventata nel tempo Basket City; abbiamo avuto addirittura cinque squadre in serie A, con i derby che all’inizio erano rappresentanti dal classico Virtus-Gira, seguiti poi da Fortitudo-Moto Morini, e dalle partite con la Fernet Tonic.

La città delle 2 torri, petroniana anzi felsinea, con un passato etrusco, è sempre stata una città universitaria con diverse migliaia di ragazzi che venivano da diverse parti d’Italia. C’è stata un’immediata integrazione, nel mondo dello sport ed in particolare nel basket perché le frange marchigiane, in primis Pesaro, e quella del Nord Est portavano avanti la stessa passione. Anche il baseball era molto seguito, tanto è vero che il Baseball club Bologna ha vinto il primo scudetto italiano ed era crescente anche la simpatia per il pugilato di cui furono organizzate diverse serate con il campione di allora Cavicchi.

Oggi la malinconia è addirittura esagerata perché la Virtus, la più storica delle società locali, è retrocessa e quindi non si è iscritta al nuovo campionato di serie A ed allora affiorano i ricordi dei successi di Ettore Messina, dell’epoca della sponsorizzazione Knorr e poi quella con la Kinder che hanno consentito, sotto la presidenza Cazzola, di organizzare un vivaio più che serio, diretto da Giordano Consolini che era assistente di Messina.

Si era arrivati a dover utilizzare il palazzone di Casalecchio di Reno perché l’affezione alla squadra aveva portato addirittura 9000 spettatori a partita. Al Paladozza è rimasta la seconda squadra di oggi, la Fortitudo, che è l’esempio del legame fra i tifosi giovani (in particolare con la Fossa) con la società bolognese. La stessa Fortitudo aveva vinto lo scudetto, all’epoca del patron Seragnoli con coach Recalcati.

Il successo del Paladozza come impianto, come struttura, ha portato a diverse imitazioni positive come ad esempio il palasport Carnera di Udine ed il palasport di Montecatini. Si parlava di derby ed allora lo sviluppo del basket è stato propiziato anche da questi incontri cittadini. A Milano il proprietario del Simmenthal aveva interessato Milanaccio, titolare della “all’Onestà” per creare una seconda squadra sotto la Madonnina e questi duelli si sono diffusi anche altrove perché a Livorno è nato il duello fra La Portuale e la Libertas, a Roma il confronto fra la Stella Azzurra e la Lazio, in Toscana per anni è stata vivissima la sfida fra Montecatini e Pistoia. E anche Varese ha avuto le sue stracittadine in Serie A in ben tre diverse annate.

Non so come sarà il cammino della Fortitudo anche se mi auguro che possa riuscire a tornare nella massima serie. Perché Bologna non ha solo cominciato con l’impianto nuovo ma addirittura molto prima in assenza, non solo di palasport ma anche di palestre disponibili per l’allenamento. Negli anni ’50 si trovò ad usufruire di una vecchia chiesa sconsacrata (S. Niccolò in via S. Felice) dove sono venute ad allenarsi la nazionale maschile, quella femminile e molto spesso le squadre locali, anche giovanili, che non avevano la possibilità di altro campo. Bisogna tener conto che alla S. Niccolò non c’erano le misure regolamentari, non quelle di adesso (28 x 15) ma neanche il vecchio 26 x 14. Il parquet era sostituito da un pavimento in cemento addirittura con avvallamenti e qualche buco.

Per chiudere, il momento del basket della crescita ha contribuito ad una valorizzazione nei media sportivi perché allora Stadio-Corriere dello Sport aveva un direttore Luigi Chierici ed un responsabile della redazione basket Roberto T. Fabbri che riuscirono più volte a mettere la pallacanestro in prima pagina.

 

 

RICORDI DI VIRTUS ED OMAGGIO A BUCCI

di Gianni Corsolini - 12/03/2019

 

Per quanto riguarda la Virtus Giorgio Neri figlio del professor Neri direttore di Villa Baruzziana su in alto a via dell'Osservanza, mi chiese più volte di tornare visto che io ero di Bologna ed ero partito dalla Virtus. Ringraziai per l'onore ma dissi di no, perché feci un'altra scelta cioè di occuparmi di basket solo amatorialmente e dedicarmi al lavoro. Lì a villa Baruzziana avevano bisogno un collaboratore che curasse la posta, le banche, il piccolo collettame che poteva interessare la clinica, mandai Giorgio Cocchi (uno dei due fratelli che gestiva il bar in via San Felice diventato Bar Donini). La struttura comperò un ape o qualcosa di simile per cui Giorgio era tutto il giorno in giro a ritirare pacchi o a consegnarne. Invece in via san Mamolo, nel cortile della chiesa dei Salesiani, c'era una tipografia artigianale gestita da Gaiani presso la quel io andavo a farmi stampare i comunicati del comitato regionale della FIP. Sempre in tema Virtus conoscevo un amico che era diventato presidente della società, il dottor Galeazzo Dondi Dell'Orologio, che aveva lo studio da dentista in Piazza  della Mercanzia. A quell'epoca le società maggiori si adoperavano per trovare le sponsorizzazioni ad altri clubs. Così è stato e tramite Allievi convincemmo Peppino Fumagalli, titolare della Candy, a fare da sponsor per la Virtus. 

prendemmo appuntamento e io penso di aver fatto un buco nel pavimento dello studio perché Galeazzo stava operando e ci fece aspettare un'ora e mezza io avevo timore che Fumagalli se ne andasse. E così ci fu il connubio Virtus-Candy. Sempre a Rimini insieme a Carasso organizzammo delle cene, una in particolare al "il Matto": aveva una struttura estremamente spartana ma si andava lì per il pesce che aveva una nomea super. Se non che il gestore, alla fine della cena, prendeva la canna dell'acqua e annaffiava tutti i clienti. Mi ricordo che mia figlia si mise a piangere e alla fine tutti quanti eravamo costretti ad andare in albergo in mutande. Roba da matti. Alberto poi è venuto diverse volte a Castrocaro, su invito di Battistini, e ci trovavamo li con altri amici e in particolare la signora Capicchioni (nota per le trasmissioni di Mike Buongiorno e moglie del direttore delle poste di San Marino che diventerà uno dei maggiori agenti del basket). 

Sono un vecchio virtussino che dal vivaio della società sono passato su consiglio di Vittorio Tracuzzi, del quale ero assistente in serie A, alla società di Cantù. Io ero stato chiamato ad interessarmi dei giovani della Virtus dal consigliere Foschi e per tanti anni con questo incarico ho girato in lungo e in largo tutta l'Emilia Romagna. per questo motivo ho preso accordi per la società di Cantù con Gianmaria Carasso, che era un dirigente di Rimini, molto interessato alle attività giovanili, prima ancora di crescere dalle serie inferiori a quella maggiore.  A Rimini si giocava in una vecchia chiesa tolta al culto in centro perché non c'era ancora il palazzetto. Carasso mi chiese di suggerire un allenatore che potesse avere le capacità e la sensibilità per creare un'organizzazione rivolta ai giovani locali. Tra l'altro conoscevo lo stesso Carasso perchè con lui avevo organizzato un torneo internazionale estivo proprio a Rimini in Piazzale Kennedy. Parlando con l'amico Bonetti, presidente regionale della FIP, pensammo all'utilizzo di Alberto Bucci che era allenatore nell'ambito del CSI dell'oratorio Salus dei salesiano, in via Serlio, subito dopo il cavalcavia della ferrovia. Lo racconto perché Bucci ha cominciato da lì prima di spostarsi in tutte le altre società. Io quindi ho avuto modo di conoscerlo non solo come giovane allenatore ma anche come persona, che poi nel tempo si è confermato per la sua sensibilità umana e per la sua empatia, tant'è vero che ha fatto tantissimo per San Patrignano e mi ricordo che dopo la malattia ha visitato 3 volte la settimana un giovane di Rovigo che aveva le stesse caratteristiche sanitarie. 

Racconto questo particolare: dopo la decisione con Bonetti di mettere Bucci a Rimini parlammo con lui, che era anche un burlone, ci disse che sarebbe venuto a prenderci con la sua macchina alla mitica cartoleria Bonetti in via San felice. Non ci aveva specificato che la macchina era a noleggio e il giorno prima aveva ottenuto la patente! Ci siamo quindi trasferiti a Rimini e in autostrada è andato tutto bene. Dopo il casello per andare all'albergo  Kent di Carasso e abbiamo fatto 300 mt in contro mano e Bonetti da dietro col finestrino aperto sventolava la carta igienica. il resto è storia, compresa l'amicizia con Ancelotti che l'ha portato diverse volte a spostarsi in elicottero quando sua moglie prese il brevetto e noleggiava l'elicottero per qualche spostamento. Quando Bucci ha ottenuto la Hall of Fame e il riconoscimento veniva consegnato alla sede del CONI a Roma Ancelotti fu invitato, ma malauguratamente ebbe un problema contrattuale perché era allenatore in Francia e non poté venire. Per finire questo siparietto posso dire che Bucci, partecipando al matrimonio di mio figlio, Bucci si mise al pianoforte e fece concorrenza a Paolo Conte perché la musica che prediligeva era quella melodica. 

Bucci cominciò prima della Fortitudo alla Salus e lo ricordo con immenso piacere assieme a tutti quelli di Bologna doc come me che frequentavano il bar Donini. 

Le mie umane condoglianze a tutta la famiglia, mentre a tutti i virtussini l'espressione di un ricordo grato per avermi dato l'opportunità di trasferirmi a Cantù ed iniziare così la carriera da allenatore, di papa, di pr per le maggiori ditte del luogo.

quando Bucci allenava alla Salus l'amico Magnoni gli fece donare delle magliette sponsorizzate da un venditore di mobili di Snaidero. Il tramite fu Vezzali.

 

 

 

BOLOGNA E IL MIO LIBRO SEMBRAVA L'UNIVERSITÀ

Ai lov dis gheim

di Gianni Corsolini - La Repubblica - 20/12/2017

 

Nei giorni scorsi ho abbandonato un po' LA casa, favorito dal tempo che consentiva spostamenti anche a personaggi come me e a mia moglie con i nostri consueti problemi. Sono andato a Milano per la presentazione del mio ultimo libro"Vado a vanvera" e ho scoperto che questo Paese con i problemi economici, sociali, politici e via dicendo non trascura di fare gli algoritmi per considerare quando ci sono delle feste religiose o civili o di altro genere nello spostarsi. Per andare la vigilia di Sant'Ambrogio a Milano al Coni, ove ho fatto la presentazione, ho impiegato da casa mia più di un'ora e mezza. Un ingorgo , tra incidenti, partenze, arrivi e chissà che altro, infernale. Sono arrivato alle 18.15 pensando di arrivare in ritardo, invece sono stato uno dei primi. Ho trovato con piacere Pano Morani che da Shangai si è catapultato per sentire le mie bavose considerazioni. Erano presenti personaggi della Fip e Dario Colombo. Allafine il tempo ha consentito di fare un salto a Bologna, e addirittura a Loiano dove abita mia madre alla bellezza dei suoi 104 anni. La sera della presentazione a Bologna è stata molto soddisfacente perché si è riempito il locale e soprattutto ho visto gente del nostro ambiente, un po' datata, ma che mi interessava incontrare. A un certo punto sembrava un convegno all'università, visto la presenza di due professori emeriti: Giorgio Bonaga (chimica organica), Stefano Bonaga (filosofia), Ivano Dionigi (ex rettore dell'università e professore di storia antica, Paolo Conti che gira tutto il mondo sia come consulente di Ca Foscari e come pittore affermato. Presenti anche Paolo Maglioni, Samoggia che ho scoperto essere uno scrittore di libri gialli già all'ottavo, le giocatoci della Libertas divertitesi con al compagna di giochi Mara, mia moglie. A Stefano Bonaga ho detto: tuo nipote Filippo mi ha detto che ti sei finalmente sposato. Non me lo avevi detto, ero rimasto a quando andavi in giro con Alba Parietti, e lui mi ha risposto: non ho cambiato settore, mia moglie è una donna dello spettacolo. Il locale, la Cantina Bentivoglio, è di proprietà di Giovanni Serrazanetti, figlio del mitico Mauro che ha transitato un anno nella Virtus in serie A, poi varie altre squadre della città. Dopo alcuni giorni mi ha telefonato

Daniele Fornaciari, vecchio amico oggi presidente della Virtus Fondazione, che mi ha chiesto l'opinione sulla Virtus. Io ho risposto che non sono andato a Desio per il freddo, ma l'ho vista per tv e secondo me sembra una squadra costruita in un modo non confacente alle pretese giuste della proprietà, ma soprattutto mi è parsa una squadra senz'anima. Gente dal timbro del cartellino, da concorrenza interna, con i senatori non per l'età avanzata ma per l'immagine e le prestazioni del passato tipo Gentile e particolarmente Aradori. Per quanto riguarda il campionato italiano è confermato

che è giocato in un modo efficiente, spettacolare, con molto equilibrio che è la soluzione ideale per convincere il pubblico ad avvicinarsi alla nostra specialità. La Pallacanestro Cantù, escludendo i problemi fuori dal campo, nelle partite giocate ad esclusione della prima di campionato ha sempre lottato e con un po' di fortuna, vedasi i due incontri persi in casa uno di un punto e l'altro ai supplementari con Venezia e Brescia, la classifica

sarebbe stata ottima. In tutti i casi il nostro quintetto ha sempre corso con un'ossessione

vera e propria da professionisti che giocano alla grande prima contro se stessi e poi contro gli avversari, a volte contro la stampa,avolte contro le vicissitudini. Speriamo che continuino in questo modo.

 

Corsolini nella Hall of Fame

I 50 ANNI DELLA LBA. GIANNI CORSOLINI, IL TERZO PRESIDENTE: 'PER AMORE DEL BASKET'

tratto da  web.legabasket.it -29/05/2020

 

Il suo amore per il basket traspare ancora oggi dalle pagine de “La Provincia” dove cura la rubrica settimanale dal titolo “Ailovdisgheim”, sua personale traduzione del claim “I Love this game” reso celebre dalla lega professionistica americana. In effetti l’amore per il basket è il filo conduttore della vita di Gianni Corsolini, terzo presidente nella storia della Lega Basket dal 1977 al 1979. Bolognese di nascita, allenatore sin da ragazzo nei settori giovanili delle squadre bolognesi, e aiuto allenatore di Vittorio Tracuzzi alla Virtus Bologna. Poi lo sbarco a Cantù dove allena dal 1958 al 1964 prima di diventarne dirigente. Ma quando La Lega prepara la sua nascita, concretizzandola il 27 maggio del 1979, Corsolini rappresenta un’altra, importante realtà del basket italiano quella Snaidero Udine che lo voluto nella azienda del cavalier Rino il quale gli aveva poi affidato il ruolo di supervisore del club all’esordio in A della squadra friulana.
Così, anche se con un casacca diversa, Corsolini si conferma uno degli uomini chiave della nuova Lega dopo che era stato proprio lui, nel 1966, a guidare la esperienza della Unione delle società di Pallacanestro Serie A, nata per aiutare i club a veder riconosciuto il loro ruolo nella organizzazione del campionato. Una esperienza durata poco e chiusa il 22 novembre del 1969.
La sua chiamata alla guida della Lega, trasferita a Bologna durante la gestione Tesini, avviene su spinta dei due club bolognesi, Virtus e Fortitudo:

“L’idea di candidarmi alla presidenza venne da Porelli, Tesini, Lucchini ed altri personaggi del basket bolognese. Io allora ero consigliere delegato della Dial Spa, con sede a Baranzate (MI) e quando Porelli mi chiese se fossi disponibile gli chiesi se mi desse qualche giorno per decidere. La sua risposta fu: "Dimmi sì o no subito." Il mattino dopo chiamai Porelli dicendo che se i componenti fossero stati tutti d’accordo sul mio nome, avrei accettato. Nessun compenso, solo il rimborso delle spese, per i viaggi e la partecipazione alle riunioni di Lega e Federazione". 
E’ fatta anche perché sul nome di Corsolini converge anche Adolfo Bogoncelli, il patron dell’Olimpia Milano e così la elezione diventa ufficiale.

Il mandato di Corsolini si caratterizza anzitutto per una grande attenzione alla crescita strutturale dei club: “Dopo pochi giorni dall’elezione organizzai una riunione di carattere fiscale ed amministrativo, tenuta sempre a Bologna dal dr. Mancaruso. Era l’epoca in cui tutte le società, dalle più forti alle piccole non avevano idee chiare, soprattutto nella responsabilità della stesura dei bilanci. Dopo questo primo momento di confronto, furono organizzate diverse altre riunioni su questo argomento”.

Sono riunioni piene di idee e proposte dove emergono figure importanti del diritto sportivo: ad esempio un giovane laureando, Guido Martinelli, che sarebbe poi diventato consulente legale di diverse leghe, della stessa Fip e dei club sugli impegni legali e fiscali derivanti dai nuovi regolamenti.

L’altro momento storico per cui va ricordata la gestione Corsolini è stata l’introduzione del secondo straniero, per la quale serviva ovviamente l’avallo della Fip:

“Tutte le società della serie maggiore riunite in assemblea ad Ancona avevano fatto questa scelta. Chiesi un appuntamento con il prof. Vinci, presidente Fip, e ci incontrammo in un locale del Coni in via Piranesi a Milano. Vinci aveva saputo in anticipo quello che intendevo chiedere per le società ed esordì dicendomi: ‘E’ un po' difficile capire la richiesta delle tue società quando 15 giorni fa in un’intervista alla Gazzetta dello Sport, hai dichiarato che avresti voluto mantenere un unico straniero.”
Gli risposi: “Capisco la tua meraviglia ma sono qui perché ho accettato l’impegno di rappresentare i club e le loro posizioni comuni: non rinnego la mia intervista ma al tempo stesso sostengo le ragioni della Lega sulla introduzione del doppio straniero.”
Parlammo un’ora e mezzo e alla fine Vinci mi diede l’ok. Questo fu un risultato importante per la Lega anche perché molti pensavano non riuscissi nell’operazione”.

La gestione di Corsolini va ricordata anche perché apre un altro, importante capitolo nel rapporto con le aziende, da sempre fiore all’occhiello del basket: nascono con lui infatti le sponsorizzazioni tecniche con la creazione del pool di aziende fornitrici di materiale sportivo per i club di Serie A1 e A2: “ Chiesi collaborazione alla Media Sport, che era diventata consulente del nostro movimento per quanto riguardava le sponsorizzazioni in merito all’abbigliamento da gioco dei club e particolarmente per le scarpe per evitare che i club si facessero concorrenza tra di loro. E così in una riunione alla Asso Sport a Milano vennero decisi, per ogni squadra, i legami con i fornitori di scarpe, con unica eccezione della Virtus che aveva un anno di contratti con una azienda del settore: entrarono così nomi importanti come Lotto, Rossignol, Superga e la famiglia delle aziende coinvolte nel basket aumentò”.

Corsolini lascia nel settembre del 1979, gli impegni professionali sono troppo pressanti, il basket continua a crescere e richiede un impegno sempre maggiore. Ma l’amore per il basket lo riporterà prima a Cantù come dirigente per cogliere la ciliegina sulla torta con il decimo successo europeo nella storia del club che conquista la coppa Korac contro il Real Madrid poi, per dieci anni dal 1995 al 2005, alla guida dell’ Unione Sindacale Allenatori Professionisti. Tutto, perché direbbe lui, “Ailovdisgheim”.

LA SCOMPARSA DI GIANNI CORSOLINI

tratto da bolognabasket.it - 18/02/2021
 

È veramente tanto l’affetto e la stima che lega la nostra pallacanestro a Gianni Corsolini che ci ha appena lasciati all’età di 87 anni.
Era un vero uomo di basket. Senza alcuna retorica, è stato uno dei padri della pallacanestro italiana moderna, dove ha saputo interpretare tutti i ruoli: dal giocatore, all’allenatore, dal giornalista al dirigente di società fino ad essere Presidente della Lega di Serie A. L’ha fatto con signorilità, eleganza ed intelligenza. Nel 2009 era entrato a far parte dell’Italia Basket Hall of Fame, nella sezione una vita per il basket, con l’unanimità dei voti. Era una persona affabile e disponibile nel sociale come nel lavoro.

Il presidente FIP Giovanni Petrucci, a titolo personale e a nome di tutta la pallacanestro italiana, commosso ne piange la scomparsa, condivide il dolore della famiglia ed abbraccia la moglie Mara e i figli Luca, Claudia e Chiara.

Gianni Corsolini è nato a Bologna il 5 ottobre del 1933, dove, giovanissimo, nel 1957 divenne prima vice e poi capo del Settore giovanile della Virtus Bologna.
Nel 1958 passò a Cantù come capo allenatore (per due stagioni), quindi altri due anni come dirigente, per poi tornare in panchina per altri tre.
Nel 1966 scelse Boris Stankovic, futuro segretario generale della FIBA, come allenatore di Cantù con cui nel 1968 vinse lo scudetto.
Nel 1969 divenne General Manager della Snaidero Udine. Dal 1986 al 1996 di nuovo a Cantù come General Manager: vinse la Coppa Korac nel 1991.
E’ stato Presidente della Lega di Serie A dal 1977 al 1979.
Dal 1998 al 2005 è stato Presidente dell’USAP, l’Unione sindacale degli allenatori di pallacanestro.
Nel 2009 l’ingresso nell’Italia Basket Hall of Fame.


 

CIAO GIANNI

di Ezio Liporesi - 18/02/2021

 

Aveva allenato le giovanili della Virtus, era stato vice di Tracuzzi, in una Bologna e una pallacanestro d'altri tempi, poi aveva preso il volo verso altri lidi, fino ad arrivare alla Presidenza della Lega e alla Hall of Fame, ma per me Gianni Corsolini era l'entusiasmo, l'amore limpido per la pallacanestro, l'affetto per i suoi giocatori, aspetti che trasparivano sempre nei suoi torrenziali racconti, lunghe telefonate in cui non ci si annoiava mai e un attenzione verso l'interlocutore molto stupefacente in un grande oratore: a distanza di anni ricordava anche il più piccolo particolare che gli avevi raccontato. L'ultima volta, poche settimane fa, mi avevi detto: "Se non trovi nessun ospite per la trasmissione radio, il "caro estinto" come amava definirsi, viene sempre volentieri". Non ho fatto in tempo. Ciao Gianni, mancherai a me e a tutta la pallacanestro italiana.

GIANNI CORSOLINI MORTO, ADDIO AL PADRE DEL BASKET ITALIANO

Aveva 87 anni: allenatore e dirigente. Il presidente della Federbasket Petrucci: "Senza di lui i canestri si scoprono più soli"

di Alessandro Gallo - Il Resto del Carlino

 

Bologna, 18 febbraio 2021 - Ci ha lasciato oggi, a 87 anni, Gianni Corsolini. Ci lascia più tristi e poveri (di idee, di intuizioni e di storie): Gianni, una delle menti più lucide della nostra pallacanestro, era nato a Bologna il 5 ottobre 1933. Bologna tra la fine degli anni Quaranta e i primi anni Cinquanta non ha ancora l’etichetta di BasketCity, ma è comunque la piazza (già unica per certi versi) dei tanti derby. Perché insieme con la storica Virtus - il campo di casa, dopo la chiesa sconsacrata di Santa Lucia diventa la Sala Borsa - ci sono il Gira, la Moto Morini e l’Oare.

Si parla di basket in ogni angolo. In via San Felice, dove ha sede la cartoleria di Franco Bonetti, si creano i presupposti per la creazione della Lega Basket e nelle piccole palestrine ricavate in piccoli spazi, angusti e  spesso freddi.

“Eppure riuscivamo ad allenarci”, raccontava Gianni con quella capacità magnetica di coinvolgerti nelle discussioni e nelle sue narrazioni. Era stato un braccio destro di Vittorio Tracuzzi e, della Virtus, aveva avuto il ruolo di responsabile del settore giovanile. Poi, dal 1958, si era spostato a Cantù. Allenatore e dirigente. Dirigente così bravo e capace da scoprire le qualità di Boris Stankovic (futuro presidente della Fiba) e di portare uno scudetto in Brianza nel 1968. Poi l’avventura a Udine al seguito del cavalier Rino Snaidero, il ritorno in Brianza e la Coppa Korac nel 1991. Prima ancora, dal 1977 al 1979, il ruolo di presidente della Lega Basket. Perché di Gianni ci si poteva fidare a occhi chiusi. Amava il basket, ma non considerava la pallacanestro una cosa solo sua. Piuttosto una res publica da far crescere. Numero uno dell’Usapp, il sindacato degli allenatori di pallacanestro dal 1998 al 2005 e l’ingresso trionfale, nel 2009, nell’Italia Hall of Fame. Unanimità di consensi, perché Gianni era la pallacanestro. Perché Gianni faceva parte di quella particolare categoria di uomini e dirigenti che sono stati capaci di amare i canestri e guardare lontano. Sognando, progettando, realizzando. Portando il basket italiano (non quello attuale) al top.


 

UN GIGANTE DEL BASKET: GIANNI CORSOLINI

di Ezio Liporesi - Cronache Bolognesi - 26/02/2021
 

"Quando a Cantù mi hanno detto andiamo dal notaio a fare un contratto pluriennale chiesi sorpreso in quale veste e quando seppi che mi volevano come allenatore, specificai che il mio obiettivo era lavorare e che la pallacanestro doveva rimanere una splendida passione". In questa frase c'è molto di Gianni Corsolini, scomparso la settimana scorsa a 87 anni. Ha vissuto per una vita nella pallacanestro di cui si è sentito soprattutto un divulgatore, sebbene abbia rivestito veramente una miriade di ruoli. La sua vita cestistica è nata sotto le Due Torri, nella città natale, quando a vent'anni per mantenersi agli studi allenava una miriade di squadre, andando a cercare i giocatori negli oratori, "gli oratori che oggi non svolgono più la loro funzione sociale, un tempo erano aperti, si giocava alla luce del sole, ora se un ragazzo va deve chiedere la chiave, ci sono problemi logistici e così diventa più difficile avviarsi allo sport"; è proprio in quei campetti che Corsolini, che lavorava per più società, allenando Acli Labor maschile e femminile, Motomorini, Libertas femminile, scovò un giovanissimo Lucio Dalla, i fratelli Bonaga, Paolo Conti, poi divenuti personaggi importanti della pallacanestro e non solo. Si accorse di lui l'allenatore della Virtus, Vittorio Tracuzzi, che lo volle come suo assistente e gli affidò le cure della squadra juniores, che annoverava nelle sue file Beppe Nannucci, divenuto poi un punto di riferimento nel commercio di dischi, Fiero Gandolfi, che come giocatore si ricorda soprattutto per i 52 punti segnati in una gara giovanile, ma che fu poi anche presidente delle Vu nere ai tempi dello scudetto del 1976, poi ancora Nannetti, i fratelli Paulin, Mandelli. La sua avventura in Virtus, sotto la presidenza di Mezzetti prima e di Zambonelli poi, con Foschi dirigente delle giovanili, terminò nel 1958, dopo aver vissuto i due scudetti del 1955 e 1956 e il passaggio dalla mitica Sala Borsa al nuovo Palazzo dello Sport. Gli allenamenti si svolgevano nella chiesa di S. Nicolò in via S. Felice in situazioni logistiche non proprio invidiabili, dove ci si spogliava nel coro e in inverno per fare la doccia spesso era necessario spezzare i ghiaccioli che pendevano dal tubo perché il finestrino che dava su via Otto Colonne non aveva telaio e vetro. Il riscaldamento del campo era fatto da alcune stufe. Cantù aveva bisogno di un allenatore e fu Tracuzzi a consigliare il giovane Gianni, che cominciò in Lombardia una nuova avventura, ma la sua carriera da allenatore finì senza arrivare mai da quel notaio. Per le stesse ambizioni lavorative rifiutò, fattagli da Giorgio Neri, di ritornare alla Virtus per allenare in Serie A. Nella sua attività professionale arrivò a ricoprire ruoli dirigenziali, ma la sua passione per il basket trovò sfogo in una felicissima carriera da dirigente, fino ad arrivare alla carica di Presidente di Lega, poi numero uno dell'USAP, il sindacato degli allenatori italiani. Dal 2009 è nella Hall of Fame della pallacanestro italiana, un riconoscimento doveroso e particolarmente gradito, non per orgoglio personale, ma per il suo amore per la cultura americana di cui era permeata Bologna nel secondo dopoguerra, non solo il basket, ma anche il baseball, il jazz, rimasti poi punti fermi del tessuto della città. Quello che ha seminato è testimoniato dalle frequentissime visite che i suoi ragazzi, come amava definire gli ex giocatori, gli facevano nella sua casa in Lombardia. Li ricordava tutti con affetto, quelli che avevano vinto scudetti e coppe, come quelli che si erano fermati molto prima, ma per i quali Corsolini aveva rappresentato una figura di riferimento che andava al di là della pallacanestro. Un uomo di basket, ma un uomo illuminato e più delle parole vale un esempio pratico: lo ha fatto raccontato il figlio Luca nel bellissimo ricordo al termine del funerale di sabato a Vedano Olona. "Un giorno partì da Cantù, allora abbinata Fonti Levissima, per portare uno sponsor, addirittura Candy, alla Virtus che ne era priva". Come è nelle corde solo dei grandi dirigenti, anteporre l'interesse generale a quello particolare. Solo facendo le cose con passione e si possono toccare quelle vette, ma Corsolini cercava sempre il sorriso in sé stesso e negli altri, amava non prendersi troppo sul serio: il Duca di Carimate, il Caro Estinto, suoi cari appellativi sono lì a dimostrarlo, come i titoli dei suoi libri. Fino all'ultimo ha scritto, ha raccontato e, nonostante gli acciacchi, ha fatto chilometri per incontrare i vecchi amici fin quando la pandemia non lo ha impedito. Portava ancora in giro il suo entusiasmo, la sua ironia, la sua passione, le sue idee sempre innovative e moderne. Quelle idee, frutto di un immenso patrimonio di esperienza a cui la pallacanestro italiana avrebbe dovuto attingere ancora. Tantissimi i messaggi in occasione della sua scomparsa, ma non sono giunti a un personaggio dimenticato che è venuto a mancare, ma l'appendice di un sentimento che ha abbracciato Corsolini anche e soprattutto in vita: non solo l'amore della sua bella famiglia, ma anche l'affetto dei suoi amici e dei suoi compagni di viaggio: un mondo che Gianni amava e coltivava.

 


 

DAN PETERSON RICORDA GIANNI CORSOLINI

di Dan Peterson - superbasket.it - 21/02/2021

 

Gianni Corsolini ci ha lasciato Giovedì.​ Classe 1933, nato a Bologna, aveva 87 anni compiuti.​ Ha cominciato come allenatore, nel settore giovanile della Virtus Bologna nonché assistente di Vittorio Tracuzzi con la prima squadra nel 1957-58.​ Poi, è passato alla Pallacanestro Cantù come capo​ allenatore per due anni, 1958-60, facendo un 5° posto (13-9) il primo anno e un 6° posto il secondo anno (12-10).​ Dopo, ha fatto due anni, 1960-62, sotto Vittorio Tracuzzi a Cantù.​ Poi, torna come capo per quattro anni, 1962-66: 14-12 (5° posto) nel 1962-63; 14-12 (4°) nel 1963-64; 12-10 (4°) nel 1964-65; e 12-10 (5°) nel 1965-66.​ Record totale: 77-63, mai una stagione perdente.

Dopo quei successi, ha lasciato la panchina per diventare General Manager di Cantù per due anni, 1966-68. La sua primissima mossa come GM della​ Pallacanestro Cantù è stato il suo vero capolavoro, l’ingaggio di Boris Stankovic come allenatore della squadra.​ Infatti, Cantù ha vinto il suo primo scudetto nel 1967-68.​ Con questo, Gianni Corsolini ha lasciato il suo ruolo di GM a Lello Morbelli.​ Diventa GM dell’APU Snaidero Udine per due anni, 1969-71.​ Il tutto è coinciso con l’apertura del​ palasport​ Primo Carnera alla fine del 1969-70.​ Poi, l’APU si è salvata in entrambe degli anni: 9-13 (10° posto) nel 1969-70; 9-13 (8°) nel 1970-71. ​

Dopo è tornato a Cantù.​ Nel 1977-79 è stato Presidente della Lega Serie A.​ Poi, quando Lello Morbelli ha lasciato Cantù per diventare Presidente dell’Olimpia Milano, Gianni Corsolini è tornato come GM della Pallacanestro​ Cantù, 1986-98.​ Hanno fatto la finale della Coppa Korac nel 1988-89 sotto coach Carlo Recalcati.​ Hanno vinto la Coppa Korac nel 1990-91 sotto coach Fabrizio Frates.​ Hanno subito la retrocessione in A-2 nel 1993-94, poi la​ promozione, di nuovo, in A-1 nel 1995-96, sotto coach Dado Lombardi. ​ Nel 2009 è stato eletto alla Italia Basket Hall of Fame un premio Benemeriti.​ E nessuno poteva essere più meritevole!

Ma questa specie di Curriculum Vitae non racconta tutto su Gianni Corsolini.​ Lui era una grandissima memoria storica per la Pallacanestro Italiana.​ Ricordava tutto e tutti.​ Diverse volte, per articoli, ho chiamato lui per un’informazione.​ Raramente non aveva ciò che volevo.​ Anzi, mi raccontava la storia del basket mentre mi informava!​ Ah, sì, Gianni Corsolini era tutto meno che sintetico nel raccontare.​ Quando lo chiamavo aprivo sempre con,​ “Gianni!​ Ho solo due minuti!​ Cerca di essere breve, OK?” ​ Parole sprecate.​ Potevi mettere giù il telefono per​ mezz’ora, fare un altro lavoro, riprendere dopo 30’ e Gianni stava parlando ancora!

Nella psicologia dicono che​ gli uomini di grande successo e grande felicità sono​ quelli che amano loro​ lavoro, amano loro collaboratori e amano loro colleghi.​ Ecco Gianni Corsolini.​ Non si​ può descrivere l’affetto con cui parlava di Boris Stankovic o Arnaldo Taurisano o Charlie Recalcati o Pierluigi Marzorati.​ Ma non solo loro.​ Anche personaggi meno famosi.​ Poi, aveva grande spirito, grande senso di autoironia.​ Il​ suo atteggiamento era l’opposto del protagonismo o auto-celebrazione.​ E’ stata la cosa che ho apprezzato in lui: non prendeva mai i meriti per un successo ma li hanno dato ad altri.​ Ma la Grande Cantù porta anche la sua firma.