SANDRO GAMBA
(Alessandro Gamba)
Sandro Gamba con il suo assistente, un giovane Ettore Messina
nato a: Milano
il: 03/06/32
Stagioni alla Virtus: 1985/86 - 1986/87
L'INTERVISTA DEL MESE: SANDRO GAMBA
di Antonio Tavarozzi - Giganti del Basket - novembre 1979
Entravo nelle salumerie o nelle drogherie e vendevo carne, trippa, spezzatino, goulash, ragù, minestre, vitello tonnato. Tutta roba in scatola, tutta roba Simmenthal. Prima ero rappresente-venditore, poi ispettore, comunque mi alzavo ogni mattina alle sei e giravo la zona di Milano con la mia 600 blu, che poi non era mia ma della ditta, con tanto di scritta sulla portiera. Tornavo a casa alle nove di sera, perché al pomeriggio stavo in palestra, facevo l'allenatore, anzi il vice-allenatore.
Sandro Gamba oggi racconta così il Sandro Gamba di dieci anni fa: quello che, con un diploma di disegnatore (inutile) in cornice e un'ottima carriera tra le scatolette (utilissime) in prospettiva, scelse la via dei canestri e della panchina. Sandro Gamba oggi è uno dei personaggi fondamentali del basket italiano per il presente - che lo vede contemporanea mente allenatore della Grimaldi Torino e della Nazionale - nonché per il futuro prossimo e remoto tinto di colori olimpici. Sandro Gamba oggi è un uomo di successo che comincia una nuova fase della sua vita di professionista dello sport e avvia un “nuovo corso” del basket italiano: si appresta a fare questo col carattere di sempre, con quella sua grinta composta che è una norma di vita, un'abitudine a prendere il destino per il collo anche quando ti salta addosso all'improvviso, in campo o in casa. Una grinta “marca Gamba” che ricorda il “sisu” dei finlandesi, un misto di orgoglio e tenacia, di ferocia agonistica e slancio morale, un insieme di cose grandissime messe dentro una paroletta di poche lettere, un atteggiamento che è una filosofia.
Io sono uno che batte il chiodo fino in fondo, ogni giorno, come allenatore sono un tipo ossessivo, implacabile, sono un rompiballe. Fuori dalla palestra sono amico dei miei giocatori ma quando siamo sul campo dobbiamo lavorare tutti assieme, senza distrarci, senza divertirci: e se mi dicono che sono un tiranno, se per due ore mi odiano un po’ non mi interessa, a me piace andare fino in fondo. Sono sempre stato così e con la Nazionale mi comporterò esattamente come ho fatto ai tempi del Simmenthal, dell'Ignis, della Girgi e della Chinamartini.
Così Sandro Gamba descrive sé stesso mentre cambia la scena sul palcoscenico della Nazionale e passiamo dalla maschera tipo Museo delle Cere di Giancarlo Primo a quella da Teatro degli Arrabbiati del nuovo c.t. Nelle righe che seguono, in un lungo dialogo tipo confessione, ci dovrebbe essere abbastanza materiale per capire che cambierà parecchio anche il copione della squadra azzurra: e ci dovrebbe essere quanto basta per capire come è fatto “dentro” il nostro personaggio. Chi è interessato al Gamba-allenatore troverà i giudizi su Marzorati, Liedholm e Bariviera, la “prenotazione” di un posto in Nazionale per Solfrini e Generali (e forse Premier), la previsione di un posto sulla panchina azzurra per Riccardo Sales come vice-Gamba per la Svizzera (e, toccando ferro, per Mosca), divagazioni su Rubini e Van Zandt. Chi è interessato anche al Gamba-uomo leggerà che Sandro non prenderà doppio stipendio (Grimaldi più Nazionale), che continuerà a bestemmiare in panchina senza commettere peccato, che è stato un prete (don Ignazio da Loano) a telefonargli i complimenti più graditi dopo la “promozione” in azzurro. E chi cerca la sorpresa massima vada subito a leggersi le ultime righe dell'ultima risposta dove per chi conosce Sandro e la sua famiglia c'è la notizia più riservata e più importante: non c'entra niente con il basket e con la Nazionale ma meriterebbe un titolo a tutta pagina se tutto questo servisse ad esprimere l'augurio di chi si sente suo amico.
Sandro Gamba allenatore della Nazionale: come ti sei sentito al primo impatto con il nuovo ruolo?
Male, malissimo. Ho provato un grande dolore. Un dolore al testicolo sinistro, sì, proprio lì, nelle parti basse. La Nazionale non c'entra, la Federazione nemmeno, ma il destino ha voluto che proprio nei giorni della comunicazione ufficiale che mi riguardava mi è capitata una faccenda mica da ridere. Ero in macchina, sull'autostrada Torino-Milano, per tornare a casa, e ho cominciato a sentire un dolore piuttosto forte al testicolo sinistro. Secco, preciso, continuo. Non mi ha mollato sino a quando sono arrivato a casa dove si aggiunto un male diffuso lungo il fianco, dalla parte sinistra. C'era di che preoccuparsi, soprattutto perché nel frattempo sentivo le gambe diventare dure, i muscoli come granito. Beh, ho pensato, ecco che Sandro Gamba si becca un colpo appena lo hanno nominato allenatore della Nazionale. Ma non era un colpo: era solo una colica renale, un bel sassolino stava passando dal rene alla vescica e mi ha procurato un po' di spavento. Non erano mica giorni allegri, dato che mia moglie aveva appena saputo di dover essere operata: calcolo anche per lei, ma enorme, le hanno portato via un bel pezzo di rene. Si è tirata su abbastanza in fretta, con grinta, anche lei ne ha parecchia, è una specialità di famiglia, ne abbiamo bisogno spesso.
Allora niente feste, niente brindisi?
Ho brindato spesso con la Fiuggi, da solo. Un litro al giorno, al mattino appena sveglio, per aiutare la vescica nei rapporti con quel sassolino. Niente alcool, non fa per me, lo sai. Mi sono ricordato di quella volta che mio padre voleva farmi festeggiare con un bicchiere di vino il mio primo viaggio all'estero con il basket. Io avevo 17 anni, non riuscivo già allora a buttar giù nemmeno il vinello più leggero, lui mise 45.000 lire sotto il bicchiere pieno di rosso e mi disse: "Se ne bevi un sorso, quei soldi sono tuoi". Niente da fare, non potevo. Mio padre fu cosi bravo che le 5.000 lire me le infilò lo stesso in tasca, era una discreta somma a quei tempi. per me ma anche per lui.
E la soddisfazione, un po' di gioia intima?
Certo, quella c'è stata e c'è ancora, perché questo tra guardo è un punto troppo importante: ma non è un punto d'arrivo, lo sappiamo tutti. La "promozione” è arrivata un po’ improvvisamente, se ne parlava e io ogni tanto ci pensavo, come logico.
Sinceramente: credi di meritartelo in tutto e per tutto questo posto?
Sinceramente: credo di sì se i meriti vanno misurati con la passione, la serietà e anche i sacrifici che ho messo in questo lavoro. Facendo l'allenatore ho applicato l'educazione ricevuta in casa, il principio per cui bisogna mettere dedizione in tutto quello che si fa, per cui bisogna sudarsi ogni lira che si guadagna. Qui mi viene in mente di nuovo mio padre: quando smisi gli studi per scegliere lo sport mi disse che non mi sarei pentito della scelta se avessi messo tutto me stesso nel lavoro, il 100 per 100. E io ho fatto così.
Adesso siamo tutti qui a chiederti: cosa cambierai nella Nazionale?
Chi segue da vicino il basket sa che sarebbe ridicolo e assurdo parlare di rivoluzioni, di cambiamenti fondamentali. Io prometto lavoro e impegno, sono un tipo che ama picchiare sul chiodo finché non si è piantato, sono un temperamento incendiario sul campo, in allenamento e in partita in Nazionale sarà esattamente così, come sempre, con l’intenzione di tirar fuori il meglio dal gruppo di giocatori che lavorerà con me. Li tratterò con rudezza fin che si lavora con affabilità fuori dalla palestra, con sincerità sempre. Non c'è giocatore in tutto il basket italiano che possa lamentarsi di questo sul mio conto: io dico esattamente quello che penso, in ogni circostanza. Se un giocatore è permaloso e se la prende per una frase troppo ruvida, beh, può andare a scopare il mare: se è intelligente capisce come stanno le cose, dei resto chi mi conosce sa che non sono uno schiavista, meglio vedere facce allegre attorno, però per favore non scherziamo in allenamento. Eh no: sul campo si va per lavorare, io e loro, e io non li lascio distrarre neanche un attimo, in questo caso meglio se mi ritengono un po' tiranno, per un paio d'ore.
Giancarlo Primo sussurrava, Sandro Gamba urla e salta e strepita: ma come sono veramente i tuoi rapporti con Primo, ma cosa pensi veramente tu di lui come “predecessore”?
I miei rapporti con Primo sono sempre stati buonissimi, correttissimi, cordialissimi. Ci siamo incontrati da giocatori, poi alle Olimpiadi di Roma nel 1960 io ero in squadra e lui vice di Paratore: sempre tutto o.k., veramente. E quest’anno, a giugno, ci siamo ritrovati sulla stessa panchina, per gli Europei. Anche stavolta, un rapporto chiaro, corretto: abbiamo due caratteri diversissimi, le decisioni spettavano a lui, io facevo la mia parte di "assistente” segnalandogli qualcosa, in allenamento o in partita, lui mi stava a sentire e a volte faceva come dicevo io, a volte no. Tutto giusto, tutto bene. Ora io so che voi giornalisti avete rimproverato tante volte a Primo la sua "freddezza” in panchina, però se vi ricordate anche Rubini tanti anni fa fumava impassibile le sue sigarette, ognuno fa come si sente. Non bisogna di sicuro dimenticare quello che ha fatto Primo con questa Nazionale e ancora di più quello che ha fatto con tutti i giovani allenatori italiani di dieci anni fa, quando autenticamente lui ha impostato un discorso nuovo, quello della difesa. Ha fatto un gran bene a tutti noi, allora, e bisogna essergliene grati: poi magari qualcuno ha esagerato nell'applicare la lezione e ha pensato solo alla difesa, dimenticandosi che bisogna saper giocare pure in attacco... E ancora questo voglio dire di Primo c.t. azzurro: ha saputo fare un club, un vero club della Nazionale, il che non è facile perché ti arrivano giocatori da ogni parte, con abitudini diverse e tu sai che certi allenatori non riescono a fare un vero "gruppo" nemmeno con una squadra di club. Mi chiedi cosa penso “veramente” di Primo e te lo sto dicendo, concludo con le differenze tra me e lui: la prima, caratteriale, riguarda il comportamento in panchina, la seconda, nei metodi di lavoro, riguarda il “peso” degli allenamenti. Ecco, io penso di “caricare” maggiormente la preparazione degli azzurri. Primo si preoccupava soprattutto di far giocar bene assieme la squadra, io la tratterò più duramente. Penso che non serva dire solo “bene, bravo” a tutti, ogni tanto bisogna urlare dietro ai giocatori.
Primo aveva ultimamente Gamba come assistente e un “comitatone” di tecnici. E tu?
Io avrò ancora il “comitatone”, più Tracuzzi. Uno del “comitatone”, di volta in volta liberato da impegni di società, verrà in panchina con me. Per le qualificazioni preolimpiche in Svizzera e, toccando ferro, per Mosca ci sarà la stessa persona, possibilmente. Possono andar bene tutti, cercheremo di scegliere anche in base al miglior affiatamento perché l'affiatamento è fondamentale tra “coach” e assistent2, bisogna intendersi al volo. Diciamo che il primo nome che mi viene in mente è Riccardo Sales, penso che con lui l'accordo sarebbe facilissimo.
Capitolo giocatori: novità?
Le novità saranno poche, per forza di cose. Quella “usura” di cui si è parlato nel clima della Nazionale di Primo era dovuta penso soprattutto al mancato ricambio ma del resto non è che di talenti nuovi ne siano usciti tanti negli ultimi anni. Per il torneo in Svizzera ci sono due o tre posti per le “novità”: e i primi nomi da fare sono Solfrini e Generali. Il primo perché lo vedo giocare ogni volta meglio, il secondo perché ha ottime qualità e in un contesto di altri “azzurri” nella Sinudyne può migliorarsi più in fretta. Tutti e due, ci tengo a sottolinearlo, hanno temperamento. E io sceglierò la Nazionale in base al temperamento e alla continuità di rendimento dimostrati in campionato: chi gioca bene oggi e male domani e poi di nuovo malissimo e benissimo non, può avere futuro certo in maglia azzurra, così come non voglio vedere in squadra i “semifreddi”, quei giocatori tanto bravini ma per niente caldi. Sappiamo tutti che in campo internazionale sono tante le partite infuocate e sono frequenti le fasi infuocate anche nelle partite “normali”. Beh, io voglio sempre giocatori che nella “bagarre” non si tirano indietro, anzi...
Solfrini, Generali e poi?
Poi bisogna vedere cosa esprime il campionato. Adesso come adesso direi che il terzo nome nella lista d'attesa è quello di Premier: ha grosse qualità, deve imparare ad “amministrarsi”, anche “addomesticarsi” un po' perché mi sembra che giochi un po' con stile “naif” come direbbe il mio amico Bruno Arrigoni. E poi qual'è il suo ruolo? Ala bassa o guardia alta? Aspetto gli esiti del campionato, per Premier come per altri. E per quanto riguarda la Nazionale juniores e quella “cadetti” aggiungo che mentre io mi occuperò di una supervisione generale, la guida in panchina nelle varie manifestazioni verrà affidata ad un allenatore di società, anche uno non compreso nel “comitatone”. Per esempio Asteo, bravissimo con i giovani, sarebbe molto adatto.
Passiamo ai “vecchi”: giudizi e previsioni, in rapida carrellata.
Subito due personaggi che mi auguro diventino fonda mentali per la Nazionale: Bertolotti e Carraro. Devono dare qualcosa di più che in passato, finora hanno spopolato in campionato ma molto meno in azzurro. Varie le cause, anche il fatto che la marcatura su di loro può essere diversa, per esempio agli Europei di Torino le difese “chiudevano” soprattutto su loro due, visto che erano i soli a cavarsela nel tiro fra tutti i nostri. Hanno già esperienza sufficiente, li aspetto ad un ultimo, definitivo passo di maturazione. Molta considerazione ho anche per Villalta: in campo internazionale deve fare l'ala alta, anche se non ne ha il passo, anche se ama stare vicino al canestro o per lo meno cominciare i giochi vicino al canestro. è pieno di orgoglio, di voglia di lottare, sicuramente è di quelli che hanno le stimmate giuste per il discorso fatto prima sulle partite infuocate. E il fuoco mi ricorda Meneghin: in Nazionale lo avete visto spesso in difficoltà, ormai lo conoscono e lo temono, dappertutto, per me ha ancora degli anni davanti ad altissimo rendimento, è un raro talento atletico e quell'ardore che gli brucia dentro, che lo fa litigare con gli arbitri è pure il propellente per la sua forza fisica; a me sta bene così, a Varese mi aveva dato un grande apporto, sempre. Una volta ci fu pure uno scambio di battute tra noi, si giocava col Maccabi, punto a punto, lui si becca un tecnico per proteste, io lo rimproverai perché era il suo quinto fallo e lui disse: “Provi lei a giocare”. “No, mi di spiace: io sto qua a fare il mio mestiere, a giocare devi pensarci tu perché prendi lo stipendio per questo...". Una cosa durata dieci secondi e che non ha mai lasciato strascichi, tanto per chiarire. Andiamo avanti coi tipi infuocati: Bonamico è un altro “caliente”, mi sta bene, io dico che un “killer2 in squadra ci vuole, lui inoltre sta affinando bene le sue doti tecniche col Billy e con Peterson potrà migliorarsi alquanto.
E i tre “esclusi” di Torino, Della Fiori, Bariviera e Marzorati?
L'esclusione fu dovuta a sfortune del momento, la porta è ovviamente apertissima per loro. Della Fiori può essere molto utile con la sua facilità di tiro, da fuori e da sotto. Bariviera è tutt'altro che finito, ha solo 30 anni, però devo vedere se si riprende dalla crisi dell'anno scorso, quel brutto campionato lo ha buttato giù anche nel morale se è vero che a Torino, in allenamento, risultava fiacco, abbacchiato, lui che ho sempre visto come ragazzo vivace, brillante. Marzorati l'ho seguito nel “Lombardia” ad ottimo livello, ancora un po' magrino ma di nuovo effervescente. Può darsi che non vedremo più un Marzorati "volante” ma vedremo ancora un Marzorati importantissimo per la Nazionale, può essere un giocatore più “pensante” di prima, più maturo, ricordiamoci che i grandi talenti negli sport di squadra sanno cambiare ruolo e compiti tattici restando campioni. Io ho sempre ammirato Liedholm, per esempio, che da mezzala diventò mediano e poi “libero” dimostrandosi ovunque grandissimo, mettendo la sua classe a disposizione della squadra. E per tornare a Marzorati, vedo bene con lui nel reparto “dietro” Caglieris, che sa dare ritmo, sa cambiare marcia e se ha problemi di statura li ha solo in difesa perché in attacco è rapido, intraprendente anche contro uno più alto e poi passa benissimo la palla, cosa quanto mai rara tra i giocatori italiani. Dalle nostre parti l'arte del passaggio è dimenticata…
Tu e Rubini adesso in Nazionale: è un caso?
È sicuramente una cosa bellissima per me, la presenza di Rubini nel settore della Nazionale è stata una delle componenti fondamentali nel farmi dire sì con convinzione quando si è parlato della mia "promozione". Rubini ha 9 anni più di me, siamo praticamente fratelli, con me ha sempre avuto un atteggiamento di massima stima, anche di confidenza, non mostrava mai quella scorza dura che usava con tutti gli altri.
Oltre a Rubini chi ricordi con particolare affetto nella tua carriera?
Van Zandt, il primo a spronarmi su questa strada, mi riempì di riviste americane, mi dava consigli preziosi. E il mio primo allenatore, Borella, bravissimo a insegnare i fondamentali che in milanese mi diceva spesso: “Uhei, ti ghe de fa l'alenadur...”. E mio padre, si chiamava Alessandro come me, è morto 20 anni fa, ha sempre trovato le parole giuste con me, quando io volevo la macchina e lui doveva rispondermi no: io ho avuto la prima macchina a 25 o 26 era una seicento...
Adesso guadagni addirittura un doppio stipendio: uno con la Grimaldi e uno con la Nazionale...
Ma quale doppio stipendio? Fino ad aprile mi paga la Grimaldi, solo a quel punto prenderò soldi dalla Federazione. Per le partite che la Nazionale giocherà prima, una a dicembre e una a febbraio, mi daranno credo un gettone di presenza, non ne ho ancora parlato. Tu sai che per me il denaro è importante, come per tutte le persone che per tanti anni ne avuto molto poco: credo di guadagnare il giusto, visto il mio impegno, credo che avrei potuto guadagnare di più col basket una decina d’anni fa quando andavo in giro a fare il rappresentante di scatolette...
Ora che sei “c.t.” azzurro dirai bestemmie in panchina?
Credo proprio di sì, è più forte di me, è come una liberazione. Io sono credente, cattolico, sono sicuro che Dio non viene toccato da certe mie imprecazioni, ha ben altro da fare che seguire il basket. Insomma io bestemmio senza fare peccato. E poi ho un amico prete, don Ignazio, sta a Loano, mi ha fatto i complimenti appena ha saputo la notizia...
Ultima domanda: i tuoi errori più grossi?
In panchina tanti, massimo quello di Nantes, finale di Coppa col Real, quando abbagliato dalla bravura di Raga non lo sostituii con Rusconi e perdemmo. Nella vita uno di sicuro: ho aspettato troppo a fare un figlio. Ma adesso voglio riprovare, con tutte le mie forze: con la collaborazione di mia moglie, naturalmente.
Binelli, Brunamonti, Villalta (?), Sbaragli, Messina e Lenoli ascoltano un time out di coach Gamba
JE VOUS SALUE, GAMBA
di Dario Colombo - Giganti del Basket - Settembre 1985
L'ultima sua comparsa in campionato, ironia della sorte, fu proprio sul campo di Bologna, il 16 marzo 1980. Si giocava la bella dei quarti di finale e Gamba, con la sua Grimaldi, dovette arrendersi per 94 a 81 contro la Sinudyne di Terry Driscoll che poi avrebbe vinto il titolo. Con quella squadra (americani Grochowalski e Butch Taylor, tra gli italiani Rizzi, Marietta, Fioretti, Fabbricatore) tutto sommato era già un gran bel risultato essere arrivati ai quarti: l'addio di Gamba al campionato per tentare full time l'avventura azzurra, insomma, non fu dei più disastrosi. A cinque anni di distanza, dunque, il campionato ritrova uno dei suoi grandi protagonisti, mille volte campione come giocatore del Simmenthal, poi come allenatore dello stesso Simmenthal e quindi dell'Ignis-Mobilgirgi.
Gamba, che effetto ti fa tornare in palestra tutti i giorni?
Un effetto buono. Mi trovo di nuovo nella mia atmosfera. Anche perché mi considero un allenatore e non un addetto alle pubbliche relazioni.
Non ti spaventa lavorare con un personaggio come Porelli?
Credo di no, non è la prima volta che faccio una scelta "rischiosa". Ogni allenatore nella sua carriera deve sempre fare almeno una mossa non di comodo.
Come si sente un milanese nella città più nemica del basket di Milano?
Sono vaccinato dall'esperienza varesina, la città più nemica del basket milanese che allora ci fosse. è però bastato qualche mese di lavoro perché anche i varesini mi apprezzassero.
L'avventura azzurra ha arricchito di qualcosa il tuo bagaglio?
Sì, perché allenare la nazionale non è una cosa ortodossa dal punto di vista tecnico. Devi essere al massimo pratico perché il tempo che hai a disposizione è brevissimo.
Perché in questi anni la Granarolo non ha mai avuto grande costanza ad alto livello?
Secondo me perché loro sono sempre dipesi da un giocatore che li condizionava.
Perché hai rifiutato offerte più consistenti per andare a Bologna?
Perché mi sorrideva l'idea di lavorare con la miglior organizzazione che c'è in Italia, con principi che Porelli fa rispettare ad ogni costo. Il lavoro dell'allenatore viene ripagato anche altre cose che non solo solo i soldi.
Che affinità ci sono tra questa squadra e la grande Ignis che tu hai allenato?
L'Ignis era una combinazione magica come se ne vedono poche in un'epoca. La Granarolo invece anno dopo anno ha cambiato qualcosa. Eppoi l'Ignis in ogni ruolo aveva un fuoriclasse.
Binelli diventerà il nuovo Meneghin?
Non è la stessa cosa di Meneghin. Dino era talento atletico e talento cestistico. Binelli per ora è solo talento cestistico, da affinare per giunta.
Quale giocatore della nazionale vorresti con te a Bologna?
Facile, facile: Sacchetti. Ma non lo voglio solo io.
Perché in Italia un allenatore di club non può essere anche l'allenatore della nazionale?
Primo per la mentalità tutta italiana per cui appena diventi allenatore della nazionale dicono: gli arbitri lo favoriscono; i nazionali li sceglie in funzione del mercato, ecc. Poi perché non puoi seguire intensamente il gruppo di probabili azzurri che hai in mente. Da noi è difficile se non impossibile.
Qual è l'avversario che ritroverai più volentieri?
I miei scontri sono sempre stati sul campo, non sui giornali come avviene adesso.
Sei d'accordo sul rifiuto di Porelli alla coppa Korac?
D'accordo con Porelli. Prima della semifinale e finale giochi degli incontri che non vogliono dir niente. Neppure i giocatori sono stimolati a fare una coppa Korac.
Non avendo toccato niente dal parco italiani, come giudichi la Granarolo?
È comunque una buona squadra, che soprattutto ha un buon futuro. È una delle cose che mi ha spinto a venire a Bologna, la validità del settore giovanile.
Come ex CT, ti aspetti particolare severità degli arbitri nei tuoi confronti?
Agli arbitri ho sempre dato una mano senza criticarli. Sia quando ero allenatore di club che come tecnico della nazionale. Mi sono sempre rifiutato di fare rapporti su di loro.
Dove arriverà questa squadra?
Dipende in quanto tempo riuscirò a dare la mia impronta. Grazie a Dio ci sono molti nazionali che mi conoscono. Ma per qualcuno potrebbe essere uno shock, sono un rompiballe mica da ridere.
Spiegare il basket europeo a Sam Williams: l'espressione di Gamba spiega tutto (foto Giganti del Basket)
ALESSANDRO GAMBA
di Dan Peterson - www.basketnet.it
''Sandro'' Gamba ha allenato non solo la formidabile Ignis Varese, due volte Campione d'Italia (e due volte secondo) e due volte Campione d'Europa (e due volte secondo) in quattro anni, 1973-77, ma anche la Nazionale Italiana in due tappe, 1980-85 e 1987-92. Come sanno gli 'storici' del basket, in quel primo periodo, l'Italia ha raggiunto due traguardi importanti: 2° posto nell'Olimpiade del 1980, a Mosca, battendo l'URSS in semi-finale, 87-85, perdendo l'oro contro la grande Jugoslavia; poi anche l'oro negli Europei del 1983, a Nantes, vincendo tutte le sette partita, la finale contro la Spagna, 105-96.
Lo sanno forse in pochi, ma io sono 'tifoso' delle Nazionali Italiane. è stata la nazionale di calcio di Enzo Bearzot, nel 1978, a farmi appassionare degli Azzurri in qualsiasi sport, rimontando dallo 0-1 fino a vincere, 2-1, contro la Francia. Idem per la nazionale di basket. Gamba non lo sa, ma io ero 'arrabbiato' con lui nella finale europeo del 1983. Ad ogni cambio che faceva, saltavo e gridavo: ''Gamba! Cosa fai? Lascia perdere! Non toccare un quintetto che vince!'' Cinque cambi, cinque urli selvaggi miei. Risultato? Il secondo quintetto fa 59 punti e il quintetto base 46. Ho detto: ''OK, davanti a questo 5-su-5, mi arrendo.'' Una perfetta gestione tecnica.
Sandro Gamba è uno che ha fatto 'marciapiede'. Forse tutti non lo sanno, ma si è dato al basket per un incidente di guerra nel 1945, quando aveva 13 anni. In un fuoco incrociato sul marciapiede in Via Washington di Milano, fra Americani che avanzano e Tedeschi che arretravano, viene colpito alla mano destra, fra pollice e indice, una grave ferita. In gioco, c'è di mezzo l'uso della mano. I genitori suggeriscono il basket come terapia. Da lì a vincere 10 scudetti come giocatore dell'Olympia Milano sotto il mitico coach Cesare Rubini, va a fare un'Olimpiade nel 1960 con la Nazionale Italiana, quindi uno dei pochi a giocare ed anche allenare in un'Olimpiade.
Gamba è anche giornalista, quindi ha senso dell'ironia. Una volta, ho chiesto a lui: ''Nell'Olimpiade del 1960, quando avete giocato contro gli USA, chi marcavi?'' Lui, ''Jerry West in entrambe le partite.'' Cioè, il mitico West, il Michael Jordan dei suoi tempi.'' Ho detto, ''Cavolo (per la verità, non ho detto 'cavolo')! Com'è andata?'' Gamba: ''L'ho limitato a 29 punti!'' Io pensavo: ''Che ridere! 29 sono tanti in una partita!'' Faccio la ricerca: 11 punti nella prima partita Italia-USA, poi 18 nella seconda. Totale 29. Quindi, per umorismo, si è messo in 'cattiva luce.' Oggi, sia West che Gamba sono nella Hall of Fame negli Stati Uniti.
Sandro Gamba, secondo me, ha basato la sua carriera di coach sulla semplicità. L'ho fatto anch'io e penso che sia l'idea giusta. Non c'era bisogno di scoutizzare le sue squadre. Sapevamo tutti: contropiede, attacco 1-4, blocchi precisi, difesa feroce, mentalità dura. Infatti, dopo la prima volta che ho visto la sua Ignis giocare nel Torneo Lombardia del 1973, non l'ho più scoutizzato. Sapevo tutto. Sia chiaro, non mi è stato di grande aiuto perché giocavano le sue squadre con grandissima intensità, una cosa della quale Gamba diceva sempre, ''È una cosa che non puoi comprare al supermercato.'' Ma sul marciapiede, sì.
SAREBBE BASTATO POCO ALLA MIA VIRTUS PER ARRIVARE TRA LE PRIME
di Sandro Gamba per Virtuspedia - 30/06/2018
Quando lasciai Milano avevo 5 offerte, tra cui Cagliari, Varese e la Virtus. Dissi a Porelli che gli avrei dato una risposta entro la fine di maggio. Il 31 maggio alle 20 gli telefonai che avevo firmato per Varese e mi ringraziò per la correttezza e la puntualità. Poi a Bologna arrivai una decina d'anni dopo, non avemmo buoni risultati, ma il secondo anno giocammo una buona pallacanestro e ce la giocavamo con tutti, ma eravamo un po' corti come giocatori di livello, quando cominciavo a fare cambi la squadra ne soffriva. Inoltre in quel periodo le disponibilità economiche per la scelta degli americani non erano altissime e quando andavo negli Stati Uniti non riuscivo a scegliere chi avrei voluto. Avevo un contratto di due anni più l'opzione per un altro anno, ma rinunciai a rimanere un terzo anno, perché mi aveva richiamato la Nazionale, dove avevo già fatto 5 anni. Dissi a Porelli che c'erano in squadra due o tre giocatori che non c'entravano nulla con la Virtus, ma sarebbe mancato poco, un paio di innesti per stare nelle prime 4 e puntare anche al titolo, però Gigi fece altre scelte. Qualche mese dopo venni a Bologna per una partita, Porelli mi invitò a cena, come faceva sempre quando passavo da Bologna, e mi disse "Sandro, avevi ragione tu, avrei dovuto seguire il tuo consiglio". Porelli è stato un amico, fino all'ultimo.
SANDRO GAMBA
Pagina Facebook della Giornata Tipo - 25/04/2021
Milano, 25 aprile 1945. In via Washington, un gruppo di ragazzini scende in strada per giocare a pallone. Tra loro c'è un tredicenne magrolino, il più alto di tutti. Si chiama Alessandro Gamba.
"Sandro" per tutti.
L'ambientazione in cui questi ragazzini spensierati sfogano la propria voglia di libertà e di divertimento, è spettrale. Via Washington è praticamente distrutta. Tutt'attorno è pieno di macerie di case e palazzi distrutti dalla bombe.
“Era appena terminato un allarme aereo e tutti noi siamo scesi di corsa a giocare in via Washington, una strada molto larga resa ancora più ampia dal fatto che tutti gli alberi erano stati segati per metterli a bruciare nelle stufe, visto che non c’era più nulla per scaldarsi”.
Ma quello è il 25 aprile. Non è un giorno come tutti gli altri. E' il giorno della Liberazione.
Mentre i ragazzi stanno giocando, ad un certo punto, ai lati del campo, un gruppo di partigiani scova un gruppo di nazisti tedeschi e fascisti italiani che tentano di scappare. Ne nasce uno scontro a fuoco.
In mezzo ai colpi di mitra ci sono loro. I ragazzini.
La pioggia di proiettili colpisce anche Sandro ad una mano. La destra. Quella che usava per giocare.
Dopo la corsa in ospedale, i medici dicono ai suoi genitori che l'unica cosa da fare è amputarla. Ma i genitori non ci stanno e Sandro comincia una lunga riabilitazione "fai da te" con una pallina da tennis. Ne terrà una in tasca per tre anni.
Ad un certo punto, però, si iniziano a vedere degli insperati evidenti progressi. Tutto cambia quando Sandro viene consigliato da un soldato americano: "Prova anche con palla da basket. Tienila in mano, usala per palleggiare. Vedrai che ti aiuterà".
Sandro migliora sensibilmente, e sviluppa anche un ambidestrismo.
Quella palla da basket diventa la sua migliore amica.
Quando inizia a sentirsi più sicuro fa la cosa più naturale: va a giocare in una squadra.
E che squadra.
Vince 10 scudetti con l'Olimpia Milano (dal 50 al 62): il primo scudetto, a 19 anni, vinto lavorando e giocando. Tra un allenamento e l'altro vendeva le scatolette di carne Simmenthal, lo sponsor della squadra.
A 33 anni appende le scarpe al chiodo e comincia la carriera da allenatore.
Vince 2 Scudetti e 2 Coppe dei Campioni con Varese, e 3 Scudetti e 2 Coppe delle Coppe con Milano.
Vince soprattutto la medaglia d'Argento alle Olimpiadi di Mosca dell'80 alla guida della Nazionale, e un Oro, un Argento e un Bronzo a tre diversi campionati Europei sempre con la Nazionale.
Nel 2006 è stato introdotto nella Basketball Hall of Fame mondiale.
Sandro Gamba è il pilastro della pallacanestro italiana. Una icona, un incredibile campione sia da giocatore che da allenatore. Un uomo, ormai novantenne, che ha fatto e cambiato la storia del nostro sport.
Il 25 aprile del 1945 l'Italia si liberò dal male. E regalò alla pallacanestro una autentica leggenda.
SANDRO GAMBA NELLA CLASSE 2023 DELLA HALL OF FAME FIBA. PETRUCCI: “UN MITO DELLA PALLACANESTRO”
tratto da fip.it - 23/08/2023
E sono tre. Dopo l’ingresso nella Naismith Memorial Basketball Hall of Fame del 2005 e quello nell’Italia Basket Hall of Fame nel 2006, Sandro Gamba entra anche nella sala delle glorie della Federazione Internazionale.
La cerimonia si è svolta oggi a Manila, durante il XXII FIBA Congress, ultimo del quadriennio 2019-22, e nel quale è stato eletto il nuovo Presidente FIBA Sheikh Saud Ali Al Thani.
Per conto di Gamba, a ritirare il premio durante la Cerimonia è stato il Presidente FIP Giovanni Petrucci, nelle Filippine insieme agli Azzurri per il Mondiale al via il 25 agosto.
Queste le parole del presidente FIP alla consegna del premio: “Al di là dei suoi successi e dei suoi record, Sandro ha lasciato un’impronta indelebile nel basket, e a 91 anni rappresenta ancora oggi un punto di riferimento per le nuove generazioni di atleti e allenatori, continuando a fornire il suo costante contributo di idee nell’interesse e a favore del movimento. Sandro è un mito della pallacanestro, un maestro a cui va questo meritato tributo”.