JOE C. MERIWEATHER
Joe Meriweather, deludente veterano Nba
nato a: Phenix City (USA)
il: 26/10/1953 - 13/10/2013
altezza:
ruolo: centro
numero di maglia: 12
Stagioni alla Virtus: 1985/86
statistiche individuali del sito di Legabasket
LA PAGINA DEL CAMPIONE: JOE C. MERIWEATHER
Superbasket - 21/11/1985
Joe C. Meriweather è nato il 26 ottobre 1953 a Phoenix City (Alabama),è alto 2,08 e gioca pivot. Nel 1971 accettò la borsa di studio della Southern Illinois University, iniziando alla grande la sua carriera universitaria (21,5 punti di media partita, oltre 10 rimbalzi). Complessivamente disputa 78 incontri in quattro anni, realizzando 1.536 punti (m.p. 19,7) con una percentuale di realizzazione del 58,4% e 1.005 rimbalzi. Viene chiamato, al primo giro, al numero 11, dagli Houston Rockets, nelle scelte del 1975. Il suo ingresso nella NBA è fulminante: si merita una menzione nel secondo quintetto assoluto dell'annata '75-'76 oltre,ovviamente, un posto nel "rookie team". Sta sul terreno venticinque minuti a gara, segna 10,2 di media. L'anno successivo viene scambiato con gli Atlanta Hawks: va addirittura meglio, sale a 11,2 punti a partita con una percentuale superiore al 52%, raggiunge la migliore prestazione della sua carriera a rimbalzo viaggiando a 8,2 su 73 partite. Ma tutto questo non gli basta per essere confermato: finisce a New Orleans per una stagione e mezzo, fino a quando, il 5 gennaio 1979, va a New York in cambio di Spencer Haywood. Potrebbe essere il raggiungimento del successo, ma malgrado la buona stagione disputata con in Kinicks (65 partite, 9 punti di media) deve fare ancora le valigie verso Kansas City, franchigia dove, dopo aver cambiato quattro squadre in cinque anni, riuscirà a stabilirsi per il suo lavoro duro e la gran duttilità: nel '81-'82 disputa solo 18 partite per un infortunio al ginocchio ma si rimette senza problemi. Nelle sue dieci stagioni nella NBA, ha disputato complessivamente 669 partite di regular season, realizzato 5.439 punti (51,1%) e catturando 3.764 rimbalzi. Una sola volta, in dieci anni è riuscito a qualificarsi per i playoffs, nel 1981: dieci partite, 56 punti. Dopo un lungo corteggiamento da parte del Benetton, ha accettato le proposte della Granarolo sostituendo, dalla quarta giornata, Oliver Smith.
MERIWEATHER, 10 ANNI DI NBA, SI TUFFA NEL PIANETA VIRTUS
É finalmente arrivato, dopo tante incertezze e attese, il pivot titolare della Granarolo, che prenderà il posto del "gettonato" Jim Oliver Smith. L'avvocato Porelli dice che è costato tantissimo (500 milioni?)
di Nando Machiavelli - Bologna Oggi - 27 ottobre 1985
Era atteso come il Messia. Da tutti, escluso "Big" Smith, il pivottone con gli occhi buoni e tristi come un Sanbernardo, che per un paio di mesi ha vestito la maglia bianconera. Perché l'arrivo di Joe Meriweather ha messo out l'uomo a gettone (come fosse un Juke box...) ma ha fatto felice società, tecnico, compagni di squadra, tifoseria. Tanta gente dunque ritrova il sorriso.
Passato ragguardevole, non c'è dubbio. Come l'età. Ma pare che le trentadue primavere che ha festeggiato ieri, al debutto nel campionato italiano, non gli pesino. Si è presentato come un manager, alla conferenza stampa. I 208 centimetri ed i 110 chilogrammi molto ben...portati, una "ventiquattrore" elegante, una bella moglie, Gail, sottobraccio.
Poteva scegliere il tacco della penisola, anche il giudice Viola, a Reggio Calabria, suonava trombe allettanti. Ha preferito la Virtus, ammettendo candidamente che del basket nostrano non ne sapeva niente di niente, ma almeno sotto le Due Torri c'era un motivo in più di richiamo: l'amicizia sua e della moglie con Leon Douglas e consorte. "Così Gail avrà una buona compagnia - ha detto Joe con un largo sorriso - tra l'altro il mio primo figlio sarà... bolognese". Solo allora ci si è accorti che la linea della signora Meriweather era leggermente protesa in avanti. Bene, sette mesi di speranze per la Granarolo, non dovrebbe avere problemi circa la serietà.
"A Kansas City siamo stati compagni per due anni - ricorda il "Leone" della Fortitudo - Joe ha un carattere vincente, sa essere protagonista e si mette a disposizione della squadra. Sono convinto che non avrò problemi ad inserirsi nel basket italiano". Intanto ha cominciato ad apprezzare lasagne e tortelloni, alla "Grada". Li ha innaffiati, è ovvio, con tanta Coca Cola, e probabilmente dovrà superare i tradizionali problemi...intestinali che colgono puntualmente i made in Usa, al cambio di tipo di alimentazione.
Quanto è costato? "Tantissimo". L'avvocato scandisce la parola con un filo di voce, non ha la lacrima sul viso, ma poco ci manca. Per una volta ha allargato straordinariamente i cordoni della borsa. Ma in fondo, diecimila dollari in più o in meno, che importanza ha?. Intanto i tifosi hanno fatto pace con la società, che ha mostrato di impegnarsi a fondo, per assicurarsi un big. Meriweather ha un curriculum di prim'ordine, inutile ripeterlo, Però non pretendiamo da lui tutto e subito. Se tra qualche settimana il mosaico virtussino sarà completato dal ritorno di Bonamico, beh, si potrà guardare al futuro con vera fiducia. Per ora ben arrivato a Joe, un nome facile da scandire per la tifoseria bianconera; anche questo può essere utile, per farlo diventare in fretta un beniamino.
Meriweather in "divisa mista": in occasione del suo esordio a Pesaro non arrivarono i pantaloncini e la Scavolini li prestò
BOLOGNA SOGNA
Atteso, sognato, rinviato, ritrovato: mai americano aveva fatto soffrire i tifosi della Virtus più di quanto non abbia fatto Meriweather prima del suo arrivo in Italia. Ma, dopo averlo visto all'opera, nessuno ha più dubbi: è lui l'uomo giusto per portare a Bologna lo scudetto numero dodici.
di Nando Machiavelli - Giganti del Basket - Dicembre 1985
Ormai i tifosi della Virtus non l'aspettavano più. Joe Meriweather è giunto a Bologna improvvisamente, qualche lunedì fa, dopo che il suo ingaggio pareva sfumato per la concorrenza di Seattle. Nel giro di ventiquattr'ore i fan bianconeri erano passati dall'entusiasmo alla delusione. La Granarolo giocava a Reggio Calabria, e proprio alla vigilia del match contro la Viola la tradizionale "fuga" di notizie: Meriweather ha accettato l'offerta della Virtus, in concorrenza anche con la Viola, che però non ha avuto il gradimento del giocatore. Mentre Villalta e compagni le buscavano sode, al di là dell'Oceano "big" Joe cercava di concludere con i "pro". Ma evidentemente (proveniente dagli USA) la voce che lo dava per certo a Seattle si rivelava infondata. E allora Gigi Porelli stringeva i tempi, prenotando un volo per due persone, così da far approdare il sospirato Joe e gentile signora sotto le Due Torri. Nuovi salti di gioia dei patiti virtussini, sospiro di sollievo di Sandro Gamba. Un debutto coi fiocchi, a Pesaro, nel giorno del trentaduesimo compleanno, con completato però da una vittoria di squadra. Così Meriweather ha conosciuto il nostro basket, il nostro pubblico, i nostri arbitri. Sorriso accattivante, estrema cortesia. Questo è l'uomo, che accetta una lunga chiacchierata, per scoprire qualcosa di più della sua personalità, sportiva e no.
Facciamo velocemente la tua scheda?
Sono nato in Alabama, a Phoenix City, poco più che un villaggio, non so dire neppure quanti abitanti contava, trent'anni or sono, tanto era disteso a macchia d'olio, in una grande pianura. La mia famiglia era decisamente modesta. Papà guidava i camion, mia madre curava me, tre sorelle ed un altro fratello, Ronnie, che ha oggi ventisei anni, è militare di carriera, con la Nato, a Francoforte.
Che ricordi hai dell'infanzia?
Prima di tutto i sacrifici dei genitori, per farci studiare. Io ero un ragazzo normalissimo, intendo anche come altezza. C'era qualche problema, in Alabama, qualche decina d'anni or sono, lo sapete tutti. Ho studiato alla Central High School, qui ho conosciuto un uomo importante, per la mia vita sportiva e no. Il mio coach, Joseph Handerson, mi ha insegnato davvero tanto, sul come crescere, sui rapporti con la gente, sulla religione. A 16 anni ero alto circa due metri, mi sono fermato per un paio d'anni, ma quando mi sono iscritto alla Southern Illinois University, a 18 anni, misuravo 2,07, un salto di sette centimetri in un anno, quasi non ci credevo neppure io. Ho completato gli studi, ho il titolo di insegnante di educazione fisica.
In che anno hai deubuttato con i pro"
Ero prima scelta nel 1975, mi sembra ormai una vita da quel giorno, quando andai in campo con la maglia degli Houston Rockets! Con la mia statura sono stato impiegato sin da allora come pivot o ala alta, in effetti non ho particolare preferenze di ruolo.
Quando hai cominciato a guadagnare molto col basket? Prima di dare la risposta Joe stringe un po' gli occhi, quasi ad andare con la mente nella sua storia personalissima.
Per la nostra famiglia il "molto", come dici tu, è stato subito, appena ho toccato il mondo dei pro. Era un ingaggio onesto, giusto per ciò che io riuscivo a dare loro.
Hai dovuto rinunciare a qualcosa che ti piaceva per affrontare il mondo professionistico, che sacrifici hai sopportato?
Ho passato tante e tante ore in palestra, ad allenarmi, invece di stare in strada, con gli amici. Ma il mio obiettivo era quello di diventare un giocatore vero, perciò ho lavorato, con o senza l'allenatore. Ho passato momenti di sconforto, pensavo di non migliorare. Poi sono venuti i primi risultati, e il lavoro non è stato più fatica.
Tu sei molto religioso, è vero?
Sì, sono battista, credo che la fede sia un grande mezzo per conoscere sé stessi e gli altri.
Negli Stati Uniti è importante per un uomo di colore essere un campione dello sport?
Credo che per un uomo di colore è importante che lui si ponga un obiettivo, sportivo o no, non importa. Ma che cerchi con ogni forza di eccellere. Si può diventare superstar nello sport, ma anche ottimi ingegneri, medici, avvocati, od operai specializzati.
Parliamo adesso di tua moglie, Gail.
L'ho conosciuta circa sei anni fa. In estate andavo a tenere dei corsi per bambini, di educazione fisica e civica. Quell'anno ero a San Antonio, nel Texas, e Gail curava l'organizzazione di questi campus. Siamo stati fidanzati tre anni, nell'estate del 1982 ci siamo sposati. Tra tre mesi, più o meno, diventerò padre per la prima volta, sento molto l'avvenimento, mi piace anche pensare che mio figlio nascerà in Italia, ma poi crescerà nel mio Paese.
Oltre all'amore che ti lega a tua moglie, è vero che la consideri... un secondo coach?
Lei ha molto senso critico sul mio comportamento in campo. Io tengo conto de suoi suggerimenti. Se mi dice che non salto come al solito, vuol dire che è proprio vero. Insomma, mi è d'aiuto.
Quando sei in crisi, come ti risollevi? Anche a questa domanda Meriweather non risponde subito, la meditazione lo porta a questa risposta
Prego profondamente, cerco la ragione della crisi. Poi assieme a Gail vado fuori, a visitare qualcosa, un monumento, un museo, e il morale si risolleva.
Hai 32 anni, ti senti sul viale del tramonto, hai ancora voglia di faticare per il basket?
Non v'è limite d'età nello sport. Io ho ancora l'entusiasmo dell'inizio di carriera. So di essere un uomo fortunato, che svolge una professione redditizia e che diverte. Arriverà un giorno che deciderò di fermarmi, non so quando, perché mi renderò conto che nel serbatoio non ho più benzina!
Appena arrivato hai ammesso di non sapere molto del nostro basket. Dopo qualche partita giocata qui, cosa ne pensi?
In effetti non mi sono mai interessato a fondo del basket in Italia. Certo sapevo che Leon Douglas, mio compagno a Kansas City, per due anni, qui si trovava bene. Mi ha parlato di un ambiente interessante. Mi sono consultato con Gail, abbiamo deciso di tentare. è sempre un'esperienza utile conoscere il mondo. Le prime partite mi sono piaciute. C'è un ottimo livello tecnico. Me ne aveva parlato Holland, che qualche anno fa ha giocato a Pesaro.
A Bologna aspettavano un "crack", tu ti senti tale?
Io so giocare forte, non mi ritengo un asso, ma conosco il mio valore, le mie possibilità. Mi giudicherete alla fine della stagione.
Che difficoltà hai incontrato, il giorno del debutto, contro la zona della Scavolini?
Ho chiesto consiglio al coach, non ero più abituato, dopo dieci anni, a certe situazioni. Gamba mi ha aiutato subito, avevo bisogno urgente dei suoi suggerimenti. Ma ho già superato il problema.
Ti senti un leader, non solo per i punti che puoi realizzare, ma per sapere, se necessario, condurre per mano la squadra?
Mi sento un vincente, anche un leader. Quando avrò più confidenza con le situazioni che si prospetteranno, questa qualità verrà fuori.
È più utile essere dotato di classe o di agonismo, in uno sport di squadra?
Credo di agonismo, nel basket in particolare. Qualche giocatore, cosiddetto di classe, a volta ha difficoltà ad emergere.
Cosa fai al mattino, quando non ti alleni?
Cerco di conoscere la città, la gente che mi ospita. Per il momento ho avuto un'accoglienza magnifica, anche Gail è contenta, spesso ci incontriamo con Leon Douglas e sua moglie, siamo in buona compagnia. Passo anche un paio d'ore nella palestra di Marco Bonamico, per un potenziamento muscolare. Tutto ok, quindi.
Tra sette mesi probabilmente concluderai la tua avventura di lavoro italiana: riuscirai almeno a tornare a casa parlando la nostra lingua?
Non è proprio detto che torni a casa tanto presto. Sono venuto anche per cercare di allungare la mia attività agonistica. Se poi me ne andrò a maggio, per scelte della società od anche mie, non sarà un dramma, rientra nella norma della mia professione; è certo comunque che imparerò la vostra lingua.
Chi è il più forte pro in attività?
La risposta di Joe è immediata: "Artis Gilmore, quello di San Antonio", sono dunque serviti Bird, Jabbar, Doctor J e compagni.
Qual è stata la tua più bella partita, tra le centinaia che hai disputato tra i pro? Qui occorre ancora un momento di flash back, poi un sorriso e la risposta.
Penso sia stato nel 1977, con Atlanta, ho realizzato 29 punti contro Jabbar, e lui c'era, non stava in panchina!.
La Virtus ha avuto in passato campioni indimenticati: Tom McMillen, Kresimir Cosic, Jim McMillian, Terry Driscoll. Speri di essere ricordato come loro, un giorno, per aver dato qualcosa di grande alla squadra, ai tifosi?
Sì, è importante lasciare un buon ricordo, in tutte le cose della vita. Adesso tocca a me, spero che la gente parli di me come giocatore, ma anche per come mi sono comportato, questo forse è più gratificante.
Qual è la tua filosofia di vita?
Lavorare sodo, onestamente, e trattare tutti come vorresti essere trattato.
Ecco che la grande fede di Joe viene ancora alla ribalta e ci si rende conto che davvero quest'uomo dà la priorità assoluta agli insegnamenti che vent'ani fa il suo primo coach ha cercato di dargli. Nell'uomo, quali sono le qualità alle quali dai privilegio?
Prima di tutto la gente dev'essere sé stessa. Se hai problemi, tira un forte respiro, non cercare compromessi. Cerca invece di comunicare con gli altri, con lealtà. Negli uomini lealtà ed amicizia sono i premi di Dio.
Cos'è che nella vita di tutti i giorni vorresti vedere cancellato?
Tutti abbiamo occhi per vedere cosa succede nel mondo. Non c'è solo il Libano, o il Sud Africa, o il Cile o l'Afghanistan. Ci sono tante altre situazioni che non conosciamo, ma che sappiamo esistono. E sono cose tanto gravi che facciamo finta di non essere in grado di risolvere: invece dovremmo combattere, tutti insieme, per cancellare certe vergogne.
Cosa farai quando ti fermerai come giocatore?
Sono interessato, con alcuni amici, ad un'azienda immobiliare. Per ora sono loro a curare giornalmente gli affari, poi verrà il mio turno.
Che sport gradisci praticare come hobby, e quali ti piace come spettatore?
Me la cavo benino con il bowling, qui a Bologna ho già visitato una sala molto attrezzata. Lo sport più bello da vedere è il football americano, non c'è dubbio.
Il tuo relax deriva dall'ascolto di un brano musicale, vedendo un film o leggendo un libro?
Se ho tempo leggo la Bibbia, è il miglior modo di capire la vita.
Hai imparato a mangiare all'italiana, oppure lasagne e tortellini li accompagni ancora con latte o Coca Cola?
Sì, la pastasciutta mi piace molto. Ma non toglietemi la Coca Cola o mi arrabbio!
È vero che non gradisci le interviste? Ancora una bella risata di Joe.
L'ho detto ad un tuo collega, che mi stava addosso da due giorni, mentre avevo l'influenza e poca voglia di parlare. Ma non è vero, credo che te ne sia accorto.
Meriweather prende posizione contro Dale Solomon della Benetton Treviso (foto Giganti del Basket)
MERIWEATHER DICE NO AL BOLOGNA E AL BASKET
La Repubblica – 13/08/1986
Joe Meriweather, il pivot americano che l'anno scorso ha giocato nelle file della Virtus Granarolo di Bologna e atteso ieri in Italia, si ritira dalla pallacanestro. Lo ha comunicato ufficialmente la Dietor (il nuovo sponsor della Virtus) che attendeva il giocatore per proporgli un nuovo contratto. La decisione di Meriweather, comunicata con una telefonata dagli Stati Uniti all'allenatore Sandro Gamba, ha colto di sorpresa tutti. Il pivot, che ha 33 anni, era atteso ieri mattina a Milano, poi avrebbe dovuto avere un colloquio con il presidente Porelli.
La canotta indossata da Meriweather all'All Star Game (foto fornita da Antonello Cobianchi del Museo del Basket in Tour)
LA VIRTUS PIANGE MERIWEATHER, GIOCÒ CON VILLALTA NELL'85
di Franceso Forni - La Repubblica - 15/10/2013
È morto domenica a Columbus, in Georgia, all'età di 59 anni, dopo il ricovero in ospedale, per cause ancora sconosciute.
La Virtus piange Joe C. Meriweather, centro che giocò a Bologna nella stagione 1985/86, morto domenica scorsa a Columbus, Georgia dopo un breve ricovero in ospedale e per cause ancora sconosciute.
Meriweather, 60 anni tra qualche giorno, dopo un’ottima carriera al college nella Southern Illinois University e 10 anni nella NBA tra Rockets, Hawks, Jazz, Knicks e Kings, arrivò a Bologna nel 1985, voluto da Porelli e compagno di squadra di Brunamonti e Villalta, per sostituire dopo quattro giornate il modestissimo Jim Oliver Smith. Il coach era Sandro Gamba, assistito da Ettore Messina.
Meriwather esordì col botto a Pesaro, nell’hangar con la Scavolini. Impressionò segnando 27 punti nella diretta Rai del sabato pomeriggio, facendo sognare di poter dominare il campionato. Ma fu un giocatore solo discreto, avviato al finale di carriera e chiuse la stagione in bianconero con cifre dignitose, 15.5 punti e 8. Buona la tecnica, declinante il fisico, Joe C. non portò la Granarolo oltre al primo turno di play-off. A fine stagione, con Porelli intenzionato a confermarlo, annunciò il ritiro, ma poi chiuse da giocatore a Badalona. Negli Stati Uniti rimase come dirigente nel basket, apprezzato allenatore nel femminile con la Park University, dove ha allenato fino al 2010.
VIRTUS IN LUTTO, È MORTO JOE C. MERIWEATHER
Il Resto del Carlino - 15/10/2013
Virtus in lutto per la scomparsa di Joe C. Meriweather, centro americano che giocò in bianconero una trentina di anni fa, morto a 59 anni a Colombus, in Georgia, per cause che non sono state rese note. Professionista per una decina d'anni, Meriweather sbarcò a Bologna nell'85-86 in una squadra, anche allora targata Granarolo, che non fece molta strada, uscendo negli ottavi dei playoff scudetto.
Dopo una stagione in Spagna, al Badalona, decise di ritirarsi dall'attività, diventando allenatore di una squadra femminile, oltre che dirigente di una società per aiutare i giovani in difficoltà a formarsi come buoni genitori. A dare la notizia della scomparsa di Meriweather è stato il figlio Jon, cestista di livello minore con esperienze anche in Australia.