STEFANO PIZZIRANI
(detto Teto)
Pizzirani ai tempi dello scudetto allievi (foto tratta dall'Archivio SEF Virtus)
nato a: Bologna
il: 08/01/1950
altezza:
ruolo:
numero di maglia:
Stagioni alla Virtus: 1966/67 - 1967/68
(in corsivo le stagioni in cui ha disputato solo amichevoli)
PROFILO
di Ezio Liporesi per Virtuspedia
Stefano Pizzirani, già campione d'Italia allievi nel 1966, nel 1966/67 e nel 1967/68 disputa amichevoli con la prima squadra.
CONTI E PIZZIRANI
di Ezio Liporesi - Cronache Bolognesi - 28/02/2025
In Virtuspedia alla sezione Libri, sono presentati tanti volumi che trattano della Virtus e dei suoi personaggi, alcuni scritti da questi ultimi. I due libri di cui leggerete qui non sono presenti perché non trattano né di Virtus, né di pallacanestro, ma sono strettamente collegati a personaggi delle V nere.
Leonardo Conti ha giocato, dopo il percorso nelle giovanili Virtus, in prima squadra con le V nere nelle stagioni 1987/88 e 1988/89 (nella prima l’allenatore Cosic lo apprezzava tantissimo). Come ci racconta Lorenzo Sani nel suo libro “Vale ancora tutto”, un giorno Leonardo era a Folgaria con l’amico Stefano Attruia (anche lui più tardi è passato da Bologna, prima in Fortitudo, poi in Virtus). Conti e Attruia si erano conosciuti nei tornei giovanili e nella stagione 1992/93 erano insieme a Livorno, in quel maldestro tentativo di unire Libertas e Pallacanestro Livorno. Erano a Folgaria per un torneo tre contro tre e c'era un ragazzo jugoslavo sedicenne che faceva impazzire Attruia andandogli sempre via con una finta misteriosa. Gli chiesero chi gliela aveva insegnata. La risposta fu Dusko Vujosevic il grande allenatore montenegrino, il creatore a Belgrado di Sasha Danilovic. Decidono di andarlo a trovare in Montenegro l'estate successiva. Il ragazzo slavo è seguito da Mira Poljo, la procuratrice che portò in Italia Danilovic e Kukoc. Leonardo e Stefano chiedono a Mira di contattare Vujosevic ma c'è la guerra nella ex Jugoslavia e Mira e Vujosevic cercano di frenarli in ogni modo, elencando i pericoli, a partire dal viaggio, occorre infatti attraversare l’Albania, poi gli allenamenti alle sei del mattino ecc., anche esagerando le difficoltà per dissuaderli. I due ragazzi non intendono ragion e nel maggio 1993 partono con un viaggio pieno di ostacoli e avventure per passare le frontiere ma arrivano e fanno una settimana di allenamenti bellissimi. Leonardo è figlio d’arte, suo padre, Paolo Conti, è stato grande giocatore nella Motomorini, nella Virtus a Varese, nel Gira, nel Sant’Agostino (ha giocato nella massima serie, quindi, in ben quattro squadre bolognesi), a Forlì e in Nazionale. A Varese, c’era Borghi, patron dell’azienda Ignis e della squadra di basket. La moglie dell’imprenditore prese a cuore i più giovani Paolo e il suo compagno Franco Bertini e parlava loro di letteratura, arte, filosofia (nella presentazione bolognese del libro, sublime il richiamo al libro “A me stesso” di Marco Aurelio) e musica. “Ma la lontananza da casa mi pesava e l'anno dopo tornai a Bologna, mi laureai e andai a lavorare. Con la Fides giocai l'ultimo campionato "vero". Intanto avevo scoperto la narrativa, Muller, Proust, Kafka, pigliai una sbandata, scrissi un libro "Alcuni come tanti", la storia di vita di qualche giorno che dovrebbe essere particolare ma invece è come tutti gli altri. Nel 1969 ero direttore commerciale di un'azienda bolognese, guadagnavo bene, a fine anno, con moglie e due figli a carico (Leonardo, appunto e Davide, classe 1966, anche lui ha giocato nelle giovanili Virtus) salutai la compagnia e mi licenziai, cominciando a dipingere. Per 14 mesi tappato in casa, risultati nulla, bruciata la liquidazione, nel 1970, dovendo dare da mangiare ai miei accettai l'offerta del Forlì, guidato da Ranuzzi. Ero fuori dal mondo, i miei interessi erano del tutto diversi da quelli dei ragazzi della squadra, basket, cinema, donne, musica leggera; intanto un amico mi faceva collaborare ad un quotidiano, facevo cronache di consiglio regionale, tanto per arrotondare. È stato nel 1971 che ho avuto il colpo di fortuna: ho conosciuto i rottami di ferro. Andai da un amico che aveva una piccola industria, mi soffermai sugli scarti del materiale ferroso usciti dalle presse, oggetti stupendi, non li modificai, semplicemente cambiai loro mondo, da quello dell'industria a quello dell'arte. A questo punto il rottame ha assunto un'altra dignità, ma solo all'apparenza, lui è sempre sé stesso, siamo noi che gli diamo, in funzione del ruolo, una valutazione diversa. Le cose vanno valutate per quello che sono, non per il ruolo che occupano. Nel 1972 fui convocato al "Palazzo dei Diamanti' di Ferrara dal direttore Farina per una personale di 70 quadri di metallo. Debbo molto per questo ad Achille Canna che, in cambio di alcuni quadri, mi diede i soldi necessari alle cornici ed ai cataloghi. Nel 1972 feci una personale alla "Loggia" di Bologna, quadri e prime sculture, poi a Spoleto, al festival dei 2 mondi. Da allora ho finito con le mostre, fino al 1977 quando ho conosciuto l'eccezionale Falchi, proprietario della più nota galleria milanese. Da quel giorno per me sono finiti i problemi, organizzativi ed economici. Ora Paolo ha 86 anni, ma lavora ancora e parla ancora volentieri con tutti di arte e di pallacanestro.
Leonardo, figlio d’arte in tutto e per tutto, è critico d'arte contemporanea, ha al suo attivo pubblicazioni e organizzazione di mostre e ha aperto una galleria, la PoliArt, nel 1997 a Bologna, poi trasferita a Milano dal 2003. Ora ha scritto un romanzo, “L’era dei naufragi”, una coinvolgente storia di un padre alla ricerca del figlio, in cui l’arte è il grande sfondo su cui si dipana il romanzo.
Il primo scudetto giovanile della Virtus fu quello allievi nel 1966. La squadra era allenata da Augusto “Gianni” Giomo, anche giocatore delle V nere e forgiatore, più tardi, di Renato Villalta. Il vice era Franco Lanfranchi. Una squadra che giocava una pallacanestro bellissima che iniziò subito il campionato con due vittorie entrambe con 100 punti di scarto e vinse tutte le gare. Tuttavia nessuno di quei giocatori ha fatto una carriera straordinaria, ma la stella era sicuramente Stefano Pizzirani, capitano di quella squadra, 37 punti alla seconda giornata, tanto per citare una prestazione di quella stagione, migliore giocatore alle finali di Arezzo. Stefano è allenatore benemerito FIP dal 2012. Suo figlio, Simone, scrittore e politologo, ha scritto un libro dal titolo: “La strage di Bologna”. Sua zia Anna, sorella di Stefano, già giocatrice della Libertas Bologna di Gianfranco Civolani, abbonata da sempre alla Virtus insieme al marito, ancora oggi ultraottantenni, è la vice presidente dell’Associazione dei familiari delle vittime della strage del 2 agosto 1980. Quella sera Anna, il marito e la famiglia Elisabetta sarebbero dovuti partire per la Calabria. Anna, che lavorava per le Ferrovie dello Stato, al mattino era al lavoro al compartimento di via D’Azeglio e il marito e la figlia andarono in stazione a vidimare i biglietti riservati ai dipendenti delle FS. La vetrata della biglietteria andò in frantumi ed Elisabetta fu ferita completamente dalle schegge. Fu ricoverata per cinque giorni al Rizzoli e, da allora, ha sempre liquidato la faccenda dicendo brevemente che nulla era il suo danno rispetto a chi aveva perso la vita o avuto gravi menomazioni. Quel trauma però se l’è portato dietro e mai ha partecipato a commemorazioni, mai ha parlato di quel dolore. Fu la madre Anna a prendersi carico della vicenda, fino a diventare vice presidente della associazione familiari delle vittime, un modo anche per proteggere la figlia. Elisabetta si è diplomata all’accademia delle Belle arti, si è sposata e ha avuto Riccardo, che oggi ha 11 anni, esattamente l’età della madre quando fu ferita. Riccardo non sa il motivo delle cicatrici sul corpo della mamma, ma sarà proprio lei presto a spiegarglielo. Un passo che Elisabetta sente il dovere di fare, anche se nulla potrà rimarginare quella ferita.
I due libri sembrano apparentemente lontani, ma in verità non lo sono, perché anche il romanzo di Leonardo Conti ha come incipit la strage di Bologna, tante vite spezzate all’improvviso, in procinto di andare in vacanza, o di tornare a casa dopo un esame o di raggiungere qualche persona cara. Sarà possibile attraverso il viaggio, attraverso l’arte riannodare almeno una di queste vite spezzate? Questo però non è il solo aspetto del romanzo: il protagonista attraversa alcune celebri opere, rendendole vive. Sabato 2 agosto 1980, ore 10.25. La strage alla stazione di Bologna apre uno squarcio nella storia italiana: troppe vite vengono interrotte. Paolo Belmare, scrittore senza successo, cercherà di riannodare almeno uno dei fili, per quanto immaginario, che si sono spezzati in quella tragica occasione, facendolo rivivere nelle pagine di un libro. Occorre però un cambiamento radicale del proprio modo di vivere per tentare un’impresa simile: deve abbandonare la carriera come ghostwriter del candidato presidente del Consiglio. Paolo vuole inoltre ritrovare suo figlio Matteo, aspirante pittore scomparso alcuni anni prima senza lasciare traccia. La sua ricerca lo porta prima a Bologna, poi a Milano e infine in Sicilia, dove incontra personaggi sorprendenti che, con i loro indizi oscuri eppure fondamentali, lo avvicinano al segreto del figlio. Altre rivelazioni appaiono invece immaginarie: nella Pinacoteca di Brera Paolo compie un vero e proprio viaggio all’interno dei dipinti, in cui gli appare una giovane donna misteriosa che continuamente gli sfugge. Alle storie personali si intrecciano inestricabilmente destini comuni, tracciando un quadro umano contraddittorio, e al percorso fisico se ne aggiunge uno, spirituale e interiore, che conduce il protagonista a riconsiderare se stesso come uomo, padre e scrittore. Gli appassionati di arte antica si troveranno così, inaspettatamente, ad abitare, tra gli altri, alcuni capolavori di Raffaello, Tintoretto, Bramante, Caravaggio e Giovanni Bellini, in un incredibile viaggio nella Pinacoteca di Brera di Milano. Il libro di Conti è anche un’intrecciarsi di arte, tra pittura, poesia, filosofia, letteratura, linguaggio. Leonardo Conti è nato a Bologna, dove si è laureato con 110 e lode in lettere moderna Nel 2007 è uscito Talking, scritto insieme all’artista Marco Casentini (Vanillaedizioni). Nel 2021 ha pubblicato la raccolta di poesie Come scrivere una poesia d’amore (PoliArt Edizioni). Tra il 2002 e il 2024 è stato curatore, o co-curatore, di più di cinquanta esposizioni d’arte in istituzioni museali in Italia e all’estero. È coautore della sceneggiatura del mediometraggio Cineteca (2024). L’era dei naufragi è il suo primo romanzo.